gli effetti su Rieti del referendum elettorale proporzionale

Non è difficile pensar male dell’attuale legge elettorale, se anche il suo estensore la chiamò “una porcata”; in che direzione però modificarla? Le ipotesi sono tante e le più distanti fra loro sono proprio quella radicale e quella proposta in questi giorni da un referendum abrogativo parziale.


Non è difficile pensar male dell’attuale legge elettorale, se anche il suo estensore la chiamò “una porcata”; in che direzione però modificarla? Le ipotesi sono tante e le più distanti fra loro sono proprio quella radicale e quella proposta in questi giorni da un referendum abrogativo parziale.

Il referendum per cui si vogliono raccogliere firme vuole tornare, con in più uno sbarramento, al proporzionale della prima repubblica. C’è molto di nostalgico, in questo: un ritorno ad una passata età dell’oro che in realtà non c’è mai stata: è bene tenere a mente che Berlusconi e la seconda repubblica sono nati dalle e grazie alle degenerazioni della prima repubblica partitocratica; e che quei partiti, che rispondevano spontaneamente (non per ordinamento) ad un minimo di regole democratiche e pubbliche, non esistono nemmeno più.

I radicali invece da sempre sostengono che per uscire dalla partitocrazia è necessario adottare collegi uninominali maggioritari di tipo inglese o americano, dove gli elettori possano scegliere e responsabilizzare il loro rappresentante, che gradualmente si renderà indipendente dai partiti e rispondente solo ai suoi elettori; anzi che essi possano scegliere il “rappresentante del territorio”, perché è ora di concepire la rappresentanza, come da tempo va dicendo Marco Pannella, non come solo una rappresentanza degli esseri umani elettori, ma anche come una responsabilità dell’eletto su fiumi, laghi, fauna, boschi, monti, aria, acqua di quel territorio ed una cura degli interessi di questo mondo non-umano; oggi non è così, il mondo non-umano viene amministrato tramite l’amministrazione dei suoi abitanti e non in sé; ne consegue un uso anziché cura del territorio, ed una sotto-rappresentanza per territori poco popolati ma molto vasti e che vanno governati molto più di un quartiere di 5 mega-condomini in una città. Questo aspetto della rappresentanza territoriale, che è solo uno degli aspetti di una legge elettorale, si sa che è molto sentito a Rieti.

Così anche i referendari locali sostengono che la rappresentanza reatina si gioverà della loro proposta: sostengono che “fino a quando sarà in vigore l’attuale sistema elettorale sarà difficile che i nostri parlamentari tornino ad essere rappresentativi nei loro rispettivi territori; vengano qui a cercare i voti, perché è ora di dire basta alle investiture romane”. Ma è così? Non ci pare: nelle elezioni con il Mattarellum, c’erano collegi uninominali e i reatini hanno potuto scegliere per la Camera nel 2001 e nel 96 tra Carotti e Rositani, nel 94 tra Ferroni e Rositani; e per il Senato nel 2001 tra Cicolani e Mele, solo nel 96 tra Angius e Diaconale, ma nel 94 tra Belloni e Dionisi.

Quindi su 12 candidature, ben 9 sono state di locali (allora l’attuale sindaco di Varapodio era “reatino”). Viceversa, la legge emendata dal referendum, mantenendo Rieti nel collegio Lazio 2, getterebbe i candidati reatini a misurarsi senza speranza contro i candidati frusinati e pontini, le cui province hanno ognuna più del triplo dei nostri elettori e viterbesi, che ne hanno “solo” il doppio.

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