A proposito dell’abolizione delle piccole Province, Sabina Radicale ritiene la misura solo uno specchio per le allodole, fatto luccicare da un governo morente ed impotente, di fronte al risorto interesse dei cittadini per i “costi della politica”. Come per lo scorso anno, il più probabile esito sarà un fuoco di paglia estivo.
A proposito dell’abolizione delle piccole Province, Sabina Radicale ritiene la misura solo uno specchio per le allodole, fatto luccicare da un governo morente ed impotente, di fronte al risorto interesse dei cittadini per i “costi della politica”. Come per lo scorso anno, il più probabile esito sarà un fuoco di paglia estivo.
Tutt’altra cosa sarebbe una abolizione di tutte le province e la redistribuzione delle loro competenze tra comuni e regione. Ma a proposito di questa redistribuzione, il terzo comma del decreto apre questa strada; esso prevede che se i comuni non eserciteranno l’opzione di chiedere il passaggio a Roma (“nel principio della continuità”, il che significa che Accumoli dovrebbe aspettare l’iniziativa di tutta una catena di comuni che le diano una striscia di continuità territoriale necessaria!) allora le funzioni saranno attribuite alla Regione, che potrà anche trasferirle ai Comuni. E’ quest’ultimo un quadro molto interessante, che il nostro territorio potrebbe cogliere, d’intesa con la Regione; cosa dice su questo l’assessore Sentinelli? Ci può stare, nel suo chiedere un “ragionamento specifico per il territorio di Rieti”? O il ragionamento è solo sul mantenimento dello status quo?
Detto questo, vanno fatte comunque alcune considerazioni.
La prima è politica: la responsabilità di questa scelta è del governo e di chi lo sostiene, con buona pace di Costini che peraltro da tempo sembra cosciente di quel che gli combinano i suoi eletti, pur senza riuscirne a trarre conseguenze. Peraltro, nella lunga sequenza di prese di posizione, avrà un significato il silenzio del senatore Cicolani? Speriamo non sia distratto dalla cura del territorio dai suoi doveri di Questore del Senato. A nostro avviso, delegare questi importanti compiti “di aula” all’unico rappresentante di un territorio è stato un errore, ed un abbaglio per la comunità l’accettarlo con orgoglio.
La seconda è che negli ultimi tempi è maturato da parte di molti il convincimento della perdita completa di una ragione di appartenenza di questo territorio al Lazio, che questo comprenda Roma o meno, e questo episodio lo rafforza. Già adesso questo territorio (e quello sabino in particolare) è sotto gli occhi della speculazione romana; diventare parte della provincia di Roma va assolutamente evitato e da domani si dovrebbe lavorare per aggregarsi all’Umbria, con cui sicuramente abbiamo più comunanze che con Latina e Frosinone e meno da temere che da Roma.
La terza è che se dovessimo rimanere nella Regione Lazio e nella sua Circoscrizione elettorale, la nostra irrilevanza politica andrà a crescere, visto che il decreto governativo contiene la previsione prossima (strano per un decreto, ma tant’è!) di una diminuzione del numero di parlamentari, auspicata anche dal PD come addirittura “l’unica strada per migliorare la qualità della legislazione e per diminuire consistentemente i costi della politica”. Una tale diminuzione, nell’attuale concetto che lega gli eletti non ad una complessità di territorio da preservare, valorizzare e governare ma al puro numero di teste che lo abitano, non potrà che annullare definitivamente la già misera rappresentanza politica di questo territorio. Ancor più di oggi, rimarremmo ostaggi di una classe politica amministrativa chiusa nei suoi giochi fra Ente Provincia ed 2-3 comuni e distantissima sia dal livello regionale che da quello centrale.
Va comunque anche notato che la provincia di Rieti sarebbe rimasta sopra la asticella fissata (dei 3mila kmq, non certo quella dei 300mila abitanti) se, come si auspica da 30 anni, essa si fosse allargata alla Sabina “romana” e “tiberina”. Sono passati 4 anni da dichiarazioni epocali del Presidente della Provincia, ed appena uno dall’ultimo tentativo di abolire le “piccole province” e da qualche altra dichiarazione. Purtroppo non si è mai visto un impegno concreto e conseguente.
L’ultima notazione è che traspare in controluce di molte dichiarazioni una visione della Provincia come “datore di lavoro” e non come “offerente di servizi”. E’ tempo che Rieti città si ripensi ed abbandoni la fin qui comoda rendita di paese-di-uffici-in-cui-altri-sono-obbligati-a-venire per invece meritare di essere un centro di riferimento per servizi, iniziative, progetti nei confronti di un territorio che ad essa voglia liberamente far riferimento, così come accade per città qui intorno, che a Rieti non sono certo inferiori, benché non capoluoghi di provincia: pensiamo ad Avezzano, Orvieto, Sulmona, Cassino, Spoleto, San Benedetto del Tronto. Del resto, in un quadro di abolizione di tutte le province (che verrà e che non è affrontato dal decreto solo perché richiederebbe modifica costituzionale) gli uffici territoriali saranno comunque da organizzare su qualche base e qui Rieti dovrà dimostrare di essere realmente al servizio di un territorio.
Crediamo che questo tema, forzosamente messo sul piatto dal governo, debba essere uno dei temi principali della prossima campagna elettorale, nello sforzo di immaginare una Rieti diversa, più “attiva” e meno “parassita”.
Marco Giordani
segretario Sabina Radicale