di Marco Giordani – candidato alle regionali per +Europa con Emma Bonino
La Provincia di Rieti, si sa, ha poco peso elettorale (il 3%) a fronte dell’intera regione Lazio. Un problema che ne deriva è la scarsa rappresentanza politica in sede di consiglio regionale, che stiamo per andare a rinnovare il 4 Marzo con una legge elettorale modificata.
In queste righe, cerchiamo di spiegare i meccanismi per cui questa rappresentanza, già esile, si è ulteriormente ridotta in questi ultimi anni. E cosa ciò comporta.
Andiamo un passo indietro negli anni: nelle elezioni del 2005 e del 2010, venivano eletti 56 consiglieri con il metodo proporzionale, il che significa pressappoco uno ogni 80mila abitanti. In questa condizione, Rieti ne aveva “destinati” 2 ed in effetti 2 gliene furono “assegnati” sia nel 2005 che nel 2010 (in entrambi i casi Cicchetti per la destra e Perilli per la sinistra). Il listino del Presidente garantiva poi un terzo consigliere (rispettivamente Massimi e Nobili) che “apparteneva” al presidente vincente a livello regionale.
Nel 2013 è accaduto che, a causa di un punitivo provvedimento nazionale (la cui causa prima fu la allegra gestione delle spese dei gruppi regionali, evidenziata dal gruppo radicale durante la Presidenza Polverini) il numero di consiglieri fu diminuito a 50, di cui 40 anziché 56 da “eleggere”.
La “destinazione” dei seggi è proporzionale alla popolazione residente e a Rieti con 155mila abitanti viene “destinato” un seggio, servendone uno ogni 137mila per i 40 eletti per i 5.502mila del Lazio (dati del censimento del 2011, che sarà ancora utilizzato).
Averlo come “destinato” non comporta però che esso verrà “assegnato”. Infatti per la legge elettorale nazionale su cui quella regionale si appoggia – e che comunque avrebbe potuto modificare, avere la sicurezza di un seggio è impossibile: un seggio “pieno” verrebbe infatti assegnato alla lista che, da sola, passasse il 50%.
A dire il vero anche il 33% (soglia fino al 2010) era un obiettivo alto, e quindi a Rieti venivano assegnati solo seggi come “migliori resti dal quoziente pieno”. Solo che dal 2013 le soglie si sono alzate a tutte le circoscrizioni e di conseguenza i nostri resti (immutati) debbono concorrere con resti delle altre circoscrizioni, che sono più consistenti per tutte le liste che nelle altre province arrivavano ad un seggio pieno ed adesso no.
A conseguenza di ciò, nel 2013 Rieti ha avuto in consiglio un solo rappresentante della provincia, che veniva dal listino del Presidente vincitore.
Quindi, riassumendo Rieti è passata da 2+1 del 2005 e 2010, ai 0+1 del 2013; che però, in condizioni di diversi risultati delle liste in provincia o altrove, poteva anche essere 1+1.
Cosa prevede oggi invece la nuova legge elettorale, che elimina l’antipatico “listino?
Prevede che i “10 del Presidente” del premio di maggioranza non verranno presi da un listino (dove per legge almeno uno era per provincia) ma dalle liste vincenti. Alle quali vengono assegnati proporzionalmente e con un meccanismo che rende praticamente impossibile che uno di questi venga da fuori Roma! Tutte le province perderanno il loro rappresentante nei “10 del Presidente”! Non si sa come dalle province abbiano accettato ciò, ma questo sarebbe altro discorso.
A quel punto tutti immaginiamo avranno guardato verso Rieti, che quasi certamente non avrebbe visto nessuno della provincia in consiglio regionale. E allora hanno ovviato con la “clausola Rieti”: se non dovesse uscire il consigliere reatino (come pressoché matematico: il PD non lo ottenne nel 2013 nonostante il 33% dei voti!) gliene verrà assegnato uno dei “10 del Presidente”.
La conseguenza è che se nel 2013 Rieti poteva avere 1 o 2 rappresentanti, nel 2018 è certo che ne avrà solo 1.
Né il fatto che non sia “nominato” ma eletto compensa pienamente il danno: infatti, come per il listino, esso verrà assegnato non alla lista con più voti nella provincia e quindi rappresentativa della maggioranza dei reatino/sabini, ma a quella con più voti nella provincia fra quelle che appartengono alla coalizione vincente in regione.
Cosa comporta questo meccanismo, a parte la progressiva perdita di rilevanza ed anche rappresentanza della nostra provincia nel consiglio regionale? Comporta che l’obiettivo sia certamente di vincere a livello regionale; ma essendo coscienti che questo solo relativamente dipende da Rieti, la quale muove il 3% dei voti, e dove la differenza tra destra e sinistra rappresenta lo 0,2%-0,4% dei voti totali. Quello che per molti/troppi dunque conterà sarà solo arrivare prima degli altri della propria coalizione, per andare in consiglio.
In questa situazione, una volta che ci siamo arrivati e fino al prossimo ineludibile riordino territoriale, come comportarsi?
La classe politica locale dovrebbe, a nostro avviso, portare a Roma non i propri voti come vassalli ma le proprie qualità e progettualità; gli elettori dovrebbero orientare il proprio voto non secondo candidati locali ma secondo progetti regionali, che possano essere portati avanti anche da altrove, da partiti dove ci sia comunanza di visione e progetti e non mera raccolta di consensi dai territori.