Alluvione della piana? Ma appena dieci anni fa…

C’è in questi giorni un vistoso affannarsi di varie forze politiche ed amministratori nel cercare un responsabile (l’altro) della alluvione che (improvvisamente?) ci ha colti.

Come radicali riteniamo utile offrire perciò alla città la memoria persa di quanto avvenne 10 anni fa, il 2 Dicembre 2010, quando avvenne un alluvione ma soprattutto fu appena sfiorata una tragedia.

Allora presentammo due diverse interrogazioni: alla Camera dei Deputati si chiese di riconoscere lo stato di calamità e avviare l’intervento della protezione civile; si chiese per quali ragioni gli enti statali preposti non avessero predisposto tutti i mezzi necessari per evitare e/o contenere l’allagamento, già previsto e posto all’attenzione degli stessi; ed infine una richiesta di sollecitare il Registro italiano dighe (RID) ad una verifica costante dell’efficienza strutturale delle dighe.

Si chiedeva, ma il Ministro delle infrastrutture, il missino Altero Matteoli mai rispose. Così come la amministrazione Emili dell’epoca aveva ignorato gli allarmi che Aldo Gregori aveva lanciato sulla stampa già dal 27 Novembre.

Allora davvero si sfiorò, nonostante il rilascio di 40mc/s, la tracimazione della diga, che avrebbe significato riversare sulla città di Rieti tutta l’acqua del bacino imbrifero del Turano, compresa quella al di sopra dello sbarramento artificiale; poiché si raggiunsero portate invasate di 180mc/s è evidente il disastro in termini di persone, cose e ambiente, che avrebbe prima investito Rieti, quindi Terni e infine Roma.

Quindi fu presentata anche una interrogazione alla Regione (giunta Polverini, con Cicchetti consigliere e Gabriella Sentinelli assessore) per chiedere la revisione del disciplinare di gestione della diga. La giunta alla fine rispose dicendo che l’evento (un mese di pioggia ininterrotta) non era stato “estremo”, che la gestione era stata in regola (ma questo si sapeva, perciò si chiedeva di ridiscutere il disciplinare) e dando la responsabilità dell’alluvione non ai 40mq/s ma al “collasso dei fossi del reticolo idrografico secondario”.

Da allora, passati 10 anni ed amministrazioni nazionali, regionali e locali di destra e di sinistra, cosa è stato fatto o almeno si è cercato di fare, su disciplinare, fossi, dighe?

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La interrogazione parlamentare è disponibile a: https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/10139&ramo=CAMERA&leg=16

La risposta alla interrogazione regionale a:
https://sabinaradicale.it/wp-content/uploads/2021/01/38-RISPOSTA-NS-INTERROGAZIONE-N.-639-RISCHIO-ALLUVIONALE-NEL-REATINO.pdf

Verità e silenzi sul progetto Raggi per i rom

Sul “caso” della possibilità di spostamento a Rieti di famiglie residenti nei campi rom della Capitale vanno fatte anzitutto alcune precisazioni per dare consistenza numerica al “caso”: il bando emesso da Virginia Raggi, riguarda solo 20 persone (3-4 famiglie), allocabili tra Rieti e 5 municipi di Roma più l’area di Tivoli e Guidonia, per cui la provincia di Rieti è davvero minima parte.

Il “caso” è quindi davvero irrilevante, se non fosse per come il problema viene affrontato, dalla Raggi e dai partiti.

Le critiche dalla destra locale al provvedimento per il non coinvolgimento delle municipalità sono in effetti dovute in quanto il piano rom della stessa Raggi del 2017 prevede “spostamenti solo se volontari in altre province e Comuni attraverso specifici accordi con le municipalità interessate – secondo gli indirizzi dell’Assemblea capitolina-“ e tutto ciò manca, certificando ancora il fallimento del piano stesso.

Emblematico di certo approccio al problema, il riferimento nel bando a corsi di “economia domestica” e la “educazione ad una adeguata funzione genitoriale”. Un approccio che però oscilla tra questo paternalistico e quello poliziesco, evidenziato dal fatto che gli ultimi due dirigenti designati dalla Raggi per promuovere l’uscita di famiglie rom dal campo alla casa siano stati due alti dirigenti del corpo della Polizia. Naturalmente per Sabina Radicale il problema non è solo questo ma, come chiede la UE e ben funziona negli altri stati, è il modello di integrazione “speciale” ad essere da respingere, in quanto ai rom dei campi vanno garantititi, come per qualsiasi altro cittadino nelle medesime condizioni, l’accesso ai diritti fondamentali, in primo luogo quello ad un alloggio adeguato, da cui quelli a trasporti, sanità, scolarità.

Infine la cosa più rilevante per quanto riguarda Rieti: preso atto dello scontato silenzioso imbarazzo del M5S locale, si registra anche quello del PD reatino, che come sempre più spesso accade sembra privo di capacità di valutazione autonoma e attende che il PD romano gli dia la linea.