articolo di Marco Giordani – Il Dubbio, Martedì 25 Luglio 2023
Le sei proposte di legge di iniziativa popolare vengono da tavoli di lavoro di radicali dirigenti, iscritti e anche semplici simpatizzanti.
Uno di questi tavoli, la cui proposta non troverete nelle piazze ma su cui si continuerà a lavorare, è quello intitolato “Democrazia”; titolo da leggersi come “strumenti di esercizio democratico”, cioè quanto i cittadini hanno a disposizione per esercitare il potere di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica”: i partiti stessi, le leggi elettorali e gli strumenti di democrazia diretta, vale a dire i referendum o le stesse proposte di legge, tutti temi cui come radicali e Radicali Italiani abbiamo da sempre dedicato iniziativa politica.
Non da oggi i cittadini si tengono, e sempre più, lontani da tutti questi strumenti; ma lontani o allontanati?
Tutta l’iniziativa di proposte di legge è, lo si è detto, rivolta agli “esclusi”; l’analisi del tavolo è che questo allontanamento sia causato anche da come questi strumenti siano stati distorti o soffocati dalla partitocrazia e che nonostante ciò si manifestino segnali di voglia di partecipazione.
Giunti però al grado di disaffezione attuale, questa partecipazione (e fiducia negli strumenti) non può che essere ricostruita “dal basso”, anche per l’inestricabile legame tra legge elettorale, sistema istituzionale, ruolo dei partiti.
Il “basso” da cui partire lo abbiamo individuato nel livello di maggiore prossimità, quello comunale; dove però accanto a poche esperienze virtuose di “democrazia partecipativa” (come ad esempio assemblee dei cittadini, bilanci partecipati) la maggioranza dei cittadini non dispone neppure dei (vetusti?) strumenti di “democrazia diretta”.
Difatti il Testo Unico Enti Locali apriva il millennio prescrivendo forme di consultazione e “possibilità” di referendum ma tutto lasciato all’autonomia statutaria e normativa dei comuni, i quali molto spesso, non solo i piccoli, limitano di molto gli strumenti: quasi tutti prevedono solo referendum consultivo (a volte a sola iniziativa dell’amministrazione) e meno della metà abrogativo o propositivo. Ma solo circa la metà di chi prevede un istituto poi lo norma per permetterne l’uso.
Per questo denunciamo come l’autonomia statutaria sia un paravento (tanto che riguarda la “seconda scheda”, mentre le modalità della prima, quella elettorale, sono imposte dallo Stato) e che vada sanata la situazione di cittadini con diversi diritti in diversi comuni, e considerati questi strumenti come “Livelli Essenziali di Democrazia”; su questo il tavolo e Radicali Italiani continueranno a lavorare.