La classe politica locale finalmente dorme sonni tranquilli: anche questa volta l'Ente Provincia l'ha scampata. L'ha scampata fino a quando, come noi speriamo, il concetto di "ente provincia" scomparirà dallo schema istituzionale italiano; comunque Melilli, da buon intenditore, nell'eventualità che di questa seria riforma non se ne faccia mai niente, Melilli ha parallelamente riesumato l'allargamento alla Sabina Romana.
La classe politica locale finalmente dorme sonni tranquilli: anche questa volta l'Ente Provincia l'ha scampata. L'ha scampata fino a quando, come noi speriamo, il concetto di "ente provincia" scomparirà dallo schema istituzionale italiano; comunque Melilli, da buon intenditore, nell'eventualità che di questa seria riforma non se ne faccia mai niente, Melilli ha parallelamente riesumato l'allargamento alla Sabina Romana.
In questa sua tranquillità, la classe politica dimostra ancora di essere chiusa su sé stessa: abbiamo sentito dire che il territorio, senza l'ente Provincia, avrebbe perso la sua "rappresentanza". Per questa classe politica, la "rappresentanza di un territorio" si ferma e chiude dentro il territorio stesso; invece la "rappresentanza" dovrebbe essere qualcosa che porti le istanze di una comunità al di fuori della comunità stessa.
Di questa vera "rappresentanza" nessuno si occupa e preoccupa, anzi!
Ricordiamo allora che nella legislatura chiusasi nel 2008 questo territorio era rappresentato da un deputato ed un senatore; nella legislatura corrente, nonostante il successo della coalizione di destra, la rappresentanza si dimezzò: è oggi solo il senatore Cicolani ad avere l'onere di portare nel Parlamento la voce e gli interessi di questi cittadini e di questo territorio.
Per di più, oggi lo stesso Senatore è gratificato anche del compito di sovraintendere alle questioni organizzative del Senato (come quella del costo dei pasti dei senatori, per cui è assurto all'onore della stampa nazionale) il che comporta un non indifferente impegno. Tanto è poi lo zelo, che il nostro Senatore trascende e si trasforma anche in "sindacalista" dei senatori, come quando in commissione bilancio ha perorato "innanzitutto" la causa della loro indennità e poi "altresì", ma con minor "forza", quella dei piccoli comuni del suo territorio.
Il problema è che le cose andranno nei prossimi anni anche peggio, giacché nelle manovre balneari che si susseguono l'unica cosa ferma è il progetto di dimezzamento dei parlamentari. Qualunque sia il sistema elettorale, questo significherà la definitiva scomparsa della rappresentanza di questo territorio. Ciò tanto più se il sistema elettorale dovesse cambiare, ripristinando un voto di preferenza od il Mattarellum che c'era prima.
Eppure nessuno parla di queste conseguenze; nessuno ne parla perché su questo progetto sono apertamente d'accordo PDL e PD. Mentre però dobbiamo dire che il PDL ha una sua coerenza, avendo Berlusconi sempre proclamato la inutilità del Parlamento, è il PD che dovrebbe chiarire il "perché" di questa scelta. Ed è dal PD locale, che prende posizione su "Mattarelum sì, Doppio Turno no", che ci aspetteremmo un ragionamento ed una presa di posizione sulla ricaduta di questa decisione sul nostro territorio.
Noi radicali, dal nostro canto, ribadiamo per tutta Italia, ma perfettamente attagliata per questo territorio, la proposta di uninominale secca anglosassone, basata come in Gran Bretagna su collegi di dimensioni ridotte (meno di 100mila abitanti): ne verrebbero una vincolante rappresentanza dei territori; un controllo diretto del rappresentante da parte dei cittadini; un limite delle spese di campagna elettorale; la necessità di presentare candidati conosciuti, credibili, stimati; la possibilità non remota che un candidato possa imporsi al di fuori del supporto della partitocrazia.
Al supposto risparmio derivante dal dimezzamento dei parlamentari, rispondiamo invece con la richiesta di abolizione del finanziamento pubblico (che nessuno, né grandi né piccoli partiti sta citando tra i possibili provvedimenti). Più che chiederlo, lo anzi pretendiamo, perché questo volle, nel 1993, il 93% degli italiani, in un referendum cui partecipò il 77% dei cittadini. Oggi quel finanziamento lo chiamano, fintamente, "rimborso elettorale" ed è moltiplicato; ed ancor più spudorato è come, per eleggere metà parlamentari, questo "rimborso" si immagini rimanga immutato.