È apprezzabile l’impegno di Lidia Nobili nel promuovere la partecipazione delle donne alla politica, e soprattutto l’assunzione di responsabilità, istituzionali, amministrative e di partito. In questo trova concordi i radicali che da sempre (da Adele Faccio e Adelaide Aglietta ieri fino all’oggi di Emma Bonino, Rita Bernardini, Daniela Poretti, Elisabetta Zamparutti fino alla segretaria Antonella Casu) hanno tra le loro file donne che promuovono la presenza femminile, senza bisogno però di quote rose, cui siamo da sempre contrari.
È apprezzabile l’impegno di Lidia Nobili nel promuovere la partecipazione delle donne alla politica, e soprattutto l’assunzione di responsabilità, istituzionali, amministrative e di partito. In questo trova concordi i radicali che da sempre (da Adele Faccio e Adelaide Aglietta ieri fino all’oggi di Emma Bonino, Rita Bernardini, Daniela Poretti, Elisabetta Zamparutti fino alla segretaria Antonella Casu) hanno tra le loro file donne che promuovono la presenza femminile, senza bisogno però di quote rose, cui siamo da sempre contrari.
Quello a cui invece, anche da sempre, i radicali tengono, è il rispetto della legalità. Non da oggi questo paese vive una doppia morale, per cui le istituzioni (ed i partiti che le hanno occupate) si danno delle regole e poi tranquillamente le eludono o apertamente violano; e come dice Pannella, dove c’è strage di legalità, c’è strage di democrazia.
È per questo che abbiamo plaudito ai pronunciamenti del TAR riguardo le giunte di Taranto e San Giorgio a Liri: perché lo statuto di quegli enti prevedeva delle quote "di genere" (insomma, rosa) che erano allegramente ignorate. Non è così per la Provincia di Rieti, il cui Statuto non parla di questo. La professoressa Nobili ne può fare quindi una questione politica, ma non invochi il TAR.
Non è solo in questo caso della parità di genere, che gli Statuti sono considerati carta straccia: per chiudere la polemica (per fortuna ormai chiusa grazie al buon senso combinato di Marrazzo e di Berlusconi) sulla autosospensione o dimissione del presidente della Regione, si sarebbe dovuto pronunciare il Comitato di Garanzia statutaria, organo previsto all’art.68 dallo statuto del 2004 della Regione Lazio. Purtroppo questo organo, come ricorda Massimiliano Iervolino della Direzione di Radicali Italiani, non è mai stata insediato, nella complice indifferenza di destra e sinistra.