L’epidemia sta per esplodere dentro e dal carcere di Rieti.

Venerdì 3 Aprile la stampa locale riportava che erano “risultati positivi al Covid-19 [..] cinque addetti dell’area sanitaria della casa circondariale”; esame presumibilmente ordinato dalla ASL, da cui dipende l’area sanitaria del carcere.

Da quanto abbiamo appreso, non sembra che a seguito di ciò siano stati effettuati esami su quanti (agenti, operatori e soprattutto detenuti) fossero venuti a stretto contatto con i cinque operatori sanitari.

Diciamo “soprattutto detenuti” non perché la loro salute abbia un valore superiore a quello degli agenti, ma perché gli operatori sanitari sono lì per avere contatti di carattere medico, si presume anche ravvicinato, con i detenuti.

Ora, qualora i sanitari abbiano portato il virus dall’esterno, possiamo ragionevolmente pensare che nessuno dei detenuti abbia ricevuto il virus da uno dei cinque sanitari? Crediamo di no.

Altra ipotesi è che i sanitari abbiano contratto l’infezione nel proprio ambiente di lavoro, come accade anche per loro colleghi negli ospedali. Solo che negli ospedali è normale che il virus sia presente; in carcere ci si aspettava, chissà perché, di no.

Comunque sia, oggi quasi certamente il virus gira nel carcere. Gira in un ambiente di massima promiscuità, dove è impossibile il distanziamento; dove non esistono mascherine neppure fai-da-te, dove solitamente anche saponi e disinfettanti sono merce rara.

Ormai tutto il mondo, tranne il Governo Italiano, ritiene necessario alleggerire le presenze in carcere, e questo grazie alla Magistratura di Sorveglianza sta già accadendo, seppur insufficientemente.
Ma il problema che qui poniamo è anche per chi, comunque, rimarrà recluso.

Finora, nel mondo libero, quando si trova un singolo positivo, vengono posti in quarantena tutti coloro che abbiano avuto con esso un contatto. Quando poi la positività è riscontrata in comunità (e pensiamo alle RSA) sono sottoposti a tampone tutti gli ospiti (centinaia di persone) ed in seguito anche tutta una cittadina (migliaia). Perché nel carcere, tanto più con la impossibilità di preservarsi, nulla di ciò è stato fatto?

Certo ci sembra impossibile, dati gli spazi, porre ogni detenuto in isolamento di quarantena. Perciò è indispensabile, quanto prima, procedere a dei tamponi a tutta la popolazione carceraria (detenuti, agenti, operatori).

Questo perché il virus lì dentro gira e quando esploderà il contagio, esso coinvolgerà tutti. E tutti saranno coinvolti dal panico, non avendo come difendersene.

E se qualcuno penserà “meglio, sfoltiamo un po’ di feccia” non si illuda che questa bomba non deflagri anche all’esterno.

La amministrazione penitenziaria, nei suoi vertici – pur con i loro evidenti limiti -, questo non può non capirlo e non saperlo (anche se in Parlamento sostiene ancora che a Rieti nella rivolta siano morti in tre e non in quattro). E’ però probabilmente mossa da priorità diverse da quelle della nostra città, con il suo ospedale già in sofferenza, e niente affatto impermeabile al proprio carcere.

Chiediamo perciò che chi ha autorità, di qualsiasi tipo, si faccia sentire o faccia qualcosa finché si è in tempo a limitare il danno: la Protezione Civile, la ASL, il Sindaco (non dimentichi di essere l’autorità sanitaria locale), il Prefetto (che peraltro è già dovuta intervenire per le case di riposo), magari anche il Vescovo, facendo eco locale all’invocazione di Papa Francesco.

Stupefacente disinformazione da UGL nazionale sulle carceri

L’UGL nazionale, e quella di Rieti tramite essa, ha diramato un incredibile comunicato riguardo le misure che il governo sta considerando di prendere per far fronte alla emergenza Coronavirus negli spazi ristretti del carcere, per i quali il DAP ha già ammesso 10 positivi (sparsi qua e là livello nazionale) solo tra i 60mila detenuti, più medici ed agenti.
Anziché allargare gli spazi tra le persone, come prescritto qui fuori anche per Capone e familiari, l’UGL propone un rinforzo della presenza degli agenti!

Strumentale poi il riferimento a “quanti hanno approfittato dell’emergenza Coronavirus per creare ulteriori disordini” in quanto tutti quelli che si interessano al tema, inclusa l’UGL che però vuole fare disinformazione, sanno che i rivoltosi (e non solo) sarebbero sicuramente esclusi dai provvedimenti.

Sconcertante è la preoccupazione che vengano “liberare migliaia di delinquenti”. Innanzitutto perché non vengono liberati ma sottoposti a detenzione domiciliare, anche con braccialetto elettronico. Poi, perché non si è mai letta preoccupazione dell’UGL per la liberazione “vera” degli stessi detenuti a fine pena tra 6 o 18 mesi.
Senza considerare che statisticamente le recidive diminuiscono di molto per chi abbia usufruito di misure alternative al carcere. Ma tutto questo all’UGL non interessa, tanto che non è un sindacato di agenti a parlare ma quello generale nazionale, dove qualcuno vuole approfittare del dramma attuale per trarne personale vantaggio; atteggiamento che in altre situazioni viene definito sciacallaggio.

Vazia, il carcere non è né super né immondizia.

La momentanea soluzione alla questione dell’impianto per biogas permette a Sabina Radicale, in attesa di una definitiva regolamentazione della materia, di tornare sul rapporto che la città (e Vazia in particolare) ha con il suo carcere.

Abbiamo osservato come, dopo il nostro comunicato che segnalava (a chi certo però lo sapeva) come il carcere sia il più vicino dei “siti sensibili” al progettato impianto, qualcuno in più lo abbia citato; tra questi anche la Lega nel suo comunicato.

Tuttavia accade spesso che esso venga definito, come anche nel caso della Lega, “SUPERcarcere”. Ebbene Vazia e Rieti debbono sapere che il nostro carcere non ha niente di super: non è di ”Alta Sicurezza”, non ha reparti di politici, né condannati per mafia. È una “casa circondariale”, designata per detenere persone in attesa di giudizio o condannate a pene inferiori ai cinque anni, o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni. Tanto che in tutti i reparti da anni vige un regime di celle aperte. Queste celle aperte vengono gestite in una cosiddetta “sorveglianza dinamica” il cui principio, definito dal Ministero, è “dal controllo alla conoscenza del detenuto”.

Niente di SUPER, quindi; togliamoci da questa diceria, nata quando si temeva chissà che dalla sua futura costruzione, ma alimentata ancora oggi. Diceria accompagnata da altri pregiudizi che portano ancora oggi un autorevole membro del comitato ad considerare l’Istituto come una delle numerose forme di “monnezza” riservate a Vazia. Questo è inaccettabile. Tanto più che il carcere sorge su un terreno tanto inquinato, per quanto nei decenni precedenti la costruzione ci è stato sotterrato, da non poter essere dai detenuti coltivato per un orto e neppure usato per un canile. Insomma potremmo dire che il carcere l’immondizia da Vazia l’ha presa, non ne ha portata.

Biogas: ma non c’è un carcere proprio lì?

Nel dibattito in corso sulla centrale a Biogas nel Nucleo Industriale di Rieti il punto cruciale dovrebbe essere, una volta fosse appurata la insalubrità dell’impianto, la vicinanza delle abitazioni e degli “insediamenti sensibili” (così denominati dal Regolamento Comunale).

Ora accade che chi si oppone o ha perplessità sull’impianto cita (oltre naturalmente alle abitazioni di Madonna del Passo, alcune delle quali rientrerebbero nella fascia di 200 metri) scuole, ospedali ma trascura il carcere.

Ci riferiamo esplicitamente al consigliere comunale Boncompagni della Lega Salvini Premier ed al segretario locale della UIL Paolucci.

Eppure il carcere sarebbe di sicuro, tra (citiamo ancora il Regolamento Comunale) gli “insediamenti sensibili (scuole, ospedali, carceri, ecc.)“ , il più vicino (700 metri) ed anche il più “vissuto”, considerando che – lavoratori a parte – ci abitano 360 persone per 24h al giorno per 365 giorni l’anno.

Risulta davvero strano, questo trascurare il principale insediamento in una situazione in cui la sua citazione avrebbe rafforzato la propria iniziativa.

Ad avviso di Sabina Radicale si danno due ipotesi: o essi non sanno (o hanno dimenticato) che proprio lì c’è un carcere; oppure esso non viene citato volutamente, per la diffusa convinzione che il carcere sia fatto per marcirci dentro e quindi il fatto di avere un impianto insalubre vicino possa tutto sommato non essere visto come un male.

Purtroppo propendiamo per questa seconda ipotesi, avvalorati dalla considerazione che chi invece non può e non vuole ignorarlo, come Bernardino De Marco del PD, lo cita sì, ma in lista come ultimo tra “scuola elementare, abitazioni, ospedale, cimitero (sic!), carcere”.

Dai personaggi citati ci piacerebbe una riflessione sul meccanismo mentale o un chiarimento sulla scelta comunicativa che li ha portati ad ignorarlo. Dalla città tutta (e dalla Amministrazione in primis), Sabina Radicale si aspetta che la realtà del carcere venga ricordata e considerata come una parte della città stessa.

Eutanasia: anche Rieti si mobilita per sollecitare la discussione in Parlamento.

C’è anche Rieti, nella mobilitazione nazionale per sollecitare il Parlamento sulla discussione della legge sull’Eutanasia Legale, che in 50 giorni dall’;inizio dell’iter è stata trattata solo per 3 ore.
Un ritardo preoccupante, visto che il 24 settembre 2019 scadrà il termine che la Corte Costituzionale, a seguito del processo a Marco Cappato per il caso DJ Fabo, ha dato al Parlamento per una legge che estenda le tutele costituzionali anche alle persone che chiedono di essere aiutate a porre fine alla propria vita, a causa di una condizione di sofferenza insopportabile nel quadro di una malattia irreversibile.

Rieti non poteva mancare, essendo stati due nostri cittadini protagonisti di questa battaglia: Gildo Balestrieri che, da malato, ne volle nel 2012 essere testimonial nazionale; più recentemente il 40enne M.P. che ha dovuto trovare nel modo peggiore una pace alle proprie sofferenze. Sono due dei 649 contatti non anonimi verso l’Associazione Luca Coscioni in 4 anni, con richieste di informazioni sul tema: quasi 13 al mese.

Ai tavoli si potranno chiedere informazioni sulla nostra Proposta di Legge di Iniziativa Popolare, sottoscritta da 130mila cittadini, ed anche sul biotestamento, che è già legge e già operativo anche a Rieti; si potrà firmare un appello a Parlamentari ed ai capi dei principali partiti.

La richiesta rivolta ai Parlamentari è che essi aderiscano al ”Inter-gruppo per Le Scelte di Fine Vita”, che conta oggi 71 parlamentari, tra cui il 13% dei deputati M5S e l’11% dei deputati PD. Per ora, dei quattro parlamentari locali, solo Alessandro Fusacchia ne fa parte. Il nostro appello da reatini si rivolgerà quindi anche a Gabriele Lorenzoni e Fabio Melilli affinché si aggiungano ai loro compagni di partito ed a Paolo Trancassini, che sarebbe invece il primo fra i suoi.

L’appuntamento è per il pomeriggio di Sabato e la mattina di Domenica, al Ponte Romano-Piazza Cavour.

Carcere di Rieti: buona notizia l’attenzione di Governo ma necessaria anche dalla Regione

Sabina Radicale e il Gruppo +Europa Rieti ringraziano la Polizia Penitenziaria del carcere di Rieti, la cui agitazione è riuscita ad attirare sul carcere l’attenzione del Prefetto, rappresentante del governo sul territorio.

Sono infatti di competenza del governo la maggior parte delle criticità segnalate dai sindacati. Governo che ha promesso, per il 2019, 1300 nuovi agenti e 44 milioni per le strutture. In particolare per questi ultimi, non sappiamo però quanti possano ricadere su Rieti, visto che la struttura è sicuramente una delle più nuove ed efficienti e che sono in piano nuove carceri, da costruire o da convertire.

Buona notizia anche che, per la prima volta a nostra memoria, il PD cittadino e il Consigliere Regionale Refrigeri si siano occupati della nostra Casa Circondariale.
Purtroppo poco ci possiamo aspettare da questo impegno per quanto riguarda i problemi evidenziati dai lavoratori, essendo esso di competenza del DAP e del Ministero di Giustizia. Meglio sarebbe stato occuparsene nella passata legislatura a guida PD; ed anche nella passata consiliatura comunale, per la quale ricordiamo che alla formale istituzione della figura del Garante Comunale dei Detenuti non fu dato alcun seguito pratico.

Dove invece possiamo e vogliamo aspettarci qualcosa è nell’aspetto “Sanità”, il quale è di competenza ASL, e quindi Regionale.
Come fu già evidenziato nelle ultime visite organizzate da Radicali Italiani con la presenza di consiglieri comunali e provinciali, è questo il maggiore ed irrisolto problema. Quello della sanità penitenziaria è un problema che incide pesantemente anche sul personale: per le traduzioni in Ospedale, per i compiti che esso si deve assumere internamente in supplenza dei sanitari, ma soprattutto per la critica situazione psichiatrica, richiamata dal comunicato stesso della agitazione: “chiediamo l’immediato trasferimento di tutti quei detenuti con problemi psichiatrici”.

Ci aspettiamo quindi dal PD, il cui segretario nazionale è tuttora il Commissario alla Sanità del Lazio, un intervento davvero non più rinviabile, specificamente su questo aspetto

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Estratto dal rapporto della visita del Giugno 2018:[..] Altro annoso problema dell’Istituto è la assenza colpevole da parte della ASL: ad esempio per la carenza del supporto psichiatrico: le 18 ore settimanali – quando garantite- si concretizzerebbero, su 238 detenuti in terapia psichiatrica, in 3 minuti a testa; non c’è inoltre un psicologo per prendere in carico i nuovi arrivi. Trattamenti Sanitari Obbligatori vengono richiesti (e sottoscritti dal Sindaco) in un numero di che è giudicato eccessivo e forse con troppa leggerezza vengono disposte delle “sorveglianze a vista” il cui onere inevitabilmente ricade sulla polizia penitenziaria.Di notte non ci sono infermieri a supporto del medico di guardia, ma soprattutto la ASL non fornisce una serie di prestazioni specialistiche (otorino, dermatologo, oculista, urologo) le quali richiedono di spostarsi in Ospedale anche per situazioni facilmente risolvibili in ambulatorio (misurazione della vista, rimozione di un tappo di cerume, esame di una verruca). Questo è un aspetto particolarmente grave perché comporta che ben 3 agenti siano distaccati per scortare il paziente, in una situazione in cui la polizia penitenziaria è in carenza di oltre 50 agenti (a fronte di 70 detenuti oltre la capienza massima). [..]

E se la richiesta di elemosina non è molesta?

Leggiamo che un cittadino ha chiesto al Comune di Rieti un regolamento contro quello che egli definisce accattonaggio molesto.

Di questo regolamento naturalmente non c’è bisogno perché con la trasposizione in legge del cosiddetto “decreto sicurezza” è stato creato il “delitto di esercizio molesto dell’accattonaggio”, che prevede che “ [..] chiunque esercita l’accattonaggio con modalità vessatorie  [..]  è punito con la pena dell’arresto da tre a sei mesi e con l’ammenda da euro 3.000 a euro 6.000.  E’ sempre disposto il sequestro delle cose che [..] ne costituiscono il provento”.

Il Sindaco, che probabilmente lo sa, ha annunciato che immediatamente chiederà “ai vigili urbani di eseguire controlli in prossimità di parcheggi e supermercati”.

La nostra idea di “sicurezza” è di certo diversa da quella dell’Amministrazione e riteniamo che il “decreto sicurezza” produca in realtà insicurezza; siamo certi tuttavia di condividere con l’Amministrazione virtù e necessità del rigoroso rispetto delle leggi.

L’appello che quindi rivolgiamo è di attenersi alla legge, che fa riferimento ad una “vessazione”, la quale dai dizionari è definita come “grave molestia”, “pesante imposizione”, “maltrattamento”, “oppressione insistente”; ma soprattutto chiediamo che si intervenga se e quando il reato venga commesso, non nella supposizione o ipotesi che possa venire commesso.

Non si confonda come “molestia” il “fastidio” che alcuni cittadini provano nel confrontarsi con chi sia in stato di bisogno.

Allontanare chi semplicemente chiede elemosina (spesso offrendo per ringraziamento un servizio) senza che si sia commesso il reato, magari sequestrando quello che liberamente è stato donato dai cittadini, costituirebbe un abuso di potere.

Immaginiamo che per accertare o anche prevenire questo reato, magari con una presenza dissuasiva, occorra quasi un “vigile di supermercato”, e quindi un notevole impiego del corpo di polizia locale, il quale sembra avere già difficoltà ad essere presente laddove si penserebbe utile.

Suggeriamo allora che piuttosto la Amministrazione informi i cittadini della esistenza di questa nuova fattispecie di reato (che a quanto pare era sconosciuto anche al richiedente il regolamento, benché ex presidente circoscrizionale) affinché in caso essi ne fossero vittime o testimoni possano riportare il fatto alle forze dell’ordine; e allora qui sarebbe davvero utile il “vigile di quartiere” sempre promesso e mai visto dai cittadini.

Sabina Radicale
Azadì Rieti – Associazione per la solidarietà con il popolo kurdo
Cittadinanzattiva Rieti

TSO, carcere e migranti.

Leggiamo che Chicco Costini auspica che ai migranti con problemi psichiatrici non si applichi il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) ma il carcere.

Costini, che fa il medico in carcere, mesi fa criticò che Sabina Radicale avesse riportato le perplessità dell’amministrazione penitenziaria sui troppi TSO disposti nei confronti di detenuti.

Oggi, criticando Cicchetti, Tribunale e Prefettura (questi ultimi che però non c’entrano con i TSO, e tacendo dei colleghi medici che lo propongono al Sindaco), Costini auspica che i migranti a cui vengono diagnosticati chiari segni di squilibrio mentale vengano arrestati anziché sottoporli a TSO.

Ci dovrebbe spiegare se poi, una volta in carcere, li cureranno medici generici, agenti penitenziari, o camerati detenuti. O disporremmo un TSO ma dal carcere? Noi crediamo che le persone con problemi psichiatrici debbano essere curate e nel contempo la comunità debba essere tutelata dalla loro pericolosità.

E’ esattamente quello che ci impone la Costituzione, articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Né la Costituzione né il giuramento di Ippocrate – per i medici che lo hanno pronunciato, limitano questo dovere ad una specifica etnia.

Marco Giordani
Segretario Sabina Radicale

Fare luce su chi rifornisce di droga i migranti spacciatori

Le cronache cittadine reatine (e non solo) sono ultimamente affollate di segnalazioni di arresto di migranti per spaccio.
Premettiamo che consideriamo normale che, con la normativa attuale, lo spaccio venga represso. Anche se le più alte autorità competenti ammettono che nonostante gli sforzi non solo il consumo non diminuisce ma aumenta, è giusto che, specie in mancanza di indicazioni da parte dell’esecutivo sulle priorità di reati da perseguire, le forze dell’ordine si applichino ad un “reato” così diffuso.
E’ tuttavia chiaro a tutti che quei migranti che spacciano sono l’ultima catena di questo commercio, dove hanno sostituito degli italiani – e tralasciamo il perché.
Le cronache spesso segnalano inoltre le operazioni di polizia come non casuali, ma frutto di indagini in cui gli spacciatori erano “da tempo tenuti d’occhio”.
Siamo perciò sicuri che in queste azioni di “osservazione” ed indagine, anche successive all’arresto, ci siano tutti gli elementi per risalire la catena di approvvigionamento, che – a detta della Direzione Distrettuale Antimafia – è solidamente in mano alle cosche mafiose italiane; e siamo sicuri che questo venga già fatto.
Quello che auspichiamo è che la stampa, e le forze dell’ordine se oggi non lo fanno, riporti anche i successi delle operazioni di polizia che risalgono la catena criminale.
Questo sia per dar conto della efficacia reale di queste operazioni (visto che se ci si fermasse all’ultimo anello, di disperati disposti allo spaccio se ne troveranno sempre) sia per non permettere che le attività di polizia sul problema droga vengano strumentalizzate per propaganda politica sul tema migranti.
Marco Giordani
Segretario Sabina Radicale

Visita delegazione radicale al carcere: in primo piano le carenze della ASL

Si è svolta Domenica 17, organizzata da Radicali Italiani, una visita al Carcere di Rieti. La delegazione radicale, composta da Marco Giordani, Alessio Torelli e Marco Arcangeli è stata accompagnata da Lodovica Rando – consigliere comunale M5S – e Marco Cossu – consigliere provinciale Fratelli D’Italia.

Il Carcere di Rieti, come già evidenziato nelle precedenti visite, è una buona struttura, dove le condizioni di vivibilità sono sicuramente migliori rispetto alla media degli altri istituti. La popolazione detenuta a Rieti è particolare, sia perché composta per lo più di condannati definitivi (nonostante come Casa Circondariale dovrebbe ospitare detenuti in attesa di giudizio o per brevi condanne) sia perché costituita per oltre la metà di stranieri.

Manca tuttavia un rapporto proficuo con il territorio, alimentato non dalle istituzioni ma solo da alcuni gruppi di volontari. Esperienze di lavoro interno sono fallite lasciando in abbandono le pur notevoli strutture, quelle di lavoro esterno (molto positiva quella ad Amatrice) non riescono ad avere seguito e diffusione. Non va per esempio nella direzione giusta la recente proposta in Consiglio Comunale di Rieti di utilizzare per lavori di pubblica utilità gli autori di reati lievi del Codice della Strada, anziché cogliere l’occasione per un processo di reinserimento e riabilitazione per i detenuti.

Il lavoro da tutti viene considerato la strada per il reinserimento sociale dei detenuti. Non è forse un caso che il carcere di Rieti, difficilmente raggiungibile e con scarse opportunità di lavoro offerte dal territorio, sia destinazione di stranieri ben oltre la media nazionale, nella supposizione che gli stranieri abbiano meno bisogno di essere visitati e di essere reintegrati.

Altro annoso problema dell’Istituto è la assenza colpevole da parte della ASL: ad esempio per la carenza del supporto psichiatrico: le 18 ore settimanali – quando garantite- si concretizzerebbero, su 238 detenuti in terapia psichiatrica, in 3 minuti a testa; non c’è inoltre un psicologo per prendere in carico i nuovi arrivi. Trattamenti Sanitari Obbligatori vengono richiesti (e sottoscritti dal Sindaco) in un numero di che è giudicato eccessivo e forse con troppa leggerezza vengono disposte delle “sorveglianze a vista” il cui onere inevitabilmente ricade sulla polizia penitenziaria.

Di notte non ci sono infermieri a supporto del medico di guardia, ma soprattutto la ASL non fornisce una serie di prestazioni specialistiche (otorino, dermatologo, oculista, urologo) le quali richiedono di spostarsi in Ospedale anche per situazioni facilmente risolvibili in ambulatorio (misurazione della vista, rimozione di un tappo di cerume, esame di una verruca). Questo è un aspetto particolarmente grave perché comporta che ben 3 agenti siano distaccati per scortare il paziente, in una situazione in cui la polizia penitenziaria è in carenza di oltre 50 agenti (a fronte di 70 detenuti oltre la capienza massima).

L’aspetto paradossale di queste che tecnicamente si chiamano “traduzioni” (anche se qualcuno le chiamerebbe “gite”, seppure in manette) di poche centinaia di metri da Carcere ad Ospedale è che, mentre viviamo un periodo in cui la “sicurezza” dei cittadini viene invocata ad ogni occasione, quotidianamente (ben 326 traduzioni sanitarie nel 2017) si viene a creare una situazione che, secondo la narrazione comune, esporrebbe gli stessi cittadini a dei rischi; è evidente la contraddizione tra le intenzioni (del comune sentire e del nuovo governo) di ridurre i permessi ai detenuti giudicati “meritevoli” dai magistrati di sorveglianza e un sistema ASL che invia quotidianamente in ambulatorio anche detenuti potenzialmente pericolosi.

La visita della delegazione è proseguita in una delle sezioni degli 84 Sex-Offender, che costituiscono una categoria eterogenea che mette insieme stupratori e pedofili con violenti e molestatori telematici. Essi vivono separati dal resto dei detenuti (280) e questo fa sì che la loro condizione sia più critica di quella degli altri, anche visivamente: negli spazi di passeggio – da anni desolatamente “nudi”, nelle celle – che ospitano spesso 4 detenuti in uno spazio progettato per 2; aspetto quest’ultimo che restringe anche lo spazio calpestabile per ogni detenuto, che dovrebbe essere sopra i 3mq per non incorrere in “trattamento disumano e degradante” (vero che la condizione è attenuata dal regime di celle aperte per gran parte della giornata, in vigore nell’intero Istituto).

Nella visita alla sezione abbiamo ricevuto diverse lamentele, segnalazioni e richieste da parte dei detenuti, che abbiamo subito girato al pur sensibile personale penitenziario. Esse, spesso legate a disfunzioni legate a mancanza di organico (“mai visto educatore in 4 mesi”, “nessun fisioterapista dopo 4 mesi da un intervento ortopedico”, “il magistrato non si vede”) dimostrano come sia rilevante la lontananza, per i mille problemi individuali, sia dei Magistrati di Sorveglianza (che risiedono a Viterbo) che del Garante dei Diritti dei Detenuti (che risiede a Roma).

Sarebbe per questo opportuna la presenza fissa a Rieti, in giorni prestabiliti, di un Magistrato di Sorveglianza. Torniamo inoltre a chiedere alla Amministrazione Comunale di Rieti di provvedere al bando per concretizzare l’Ufficio del Garante Comunale (che ricordiamo è previsto senza emolumenti).

Ma fra tutte le urgenze, quella sanitaria è la maggiore. L’attuale carenza di organici medici in Ospedale non è una scusante della situazione, perché essa si trascina così, e pericolosamente, da sempre. E’ necessario che sulla ASL intervengano con decisione sia la Regione, sia il Sindaco come Autorità Sanitaria Locale.

Un ultimo appello è alle palestre cittadine: la palestra del carcere è una importante sfogo di energie anche psichiche per i detenuti, specie per i sex offender che non hanno neppure uno spazio esterno utilizzabile per il calcio. Purtroppo, per mancanza di fondi, essa è desolatamente povera di attrezzature. Sarebbe un bel segnale per qui fuori ed un importante aiuto per lì dentro se si riuscisse a dotarle di attrezzi, magari nel periodico rinnovo degli stessi da parte delle palestre. Potrebbe magari prendere questa iniziativa il Consigliere Delegato allo Sport?

 

Marco Giordani e Alessio Torelli

Segretario e Tesoriere di Sabina Radicale – Radicali Italiani