Raccomandazione “Garanzia di strumenti di partecipazione in tutti i territori”. accolta dal 21° Congresso di Radicali Italiani

Primo firmatario: Marco Giordani
Raccomandazione “Garanzia di strumenti di partecipazione in tutti i territori”

Il 21° Congresso di Radicali Italiani,
• Ritenendo ineludibile per la democrazia italiana il recupero di una partecipazione attiva dei cittadini,
• Considerata la nuova disponibilità della piattaforma nazionale www.firmereferendum.gov.it per referendum e proposte di legge di iniziativa popolare,
• Considerato che diverse maggiori città hanno introdotto forme di partecipazione avanzata e digitale, ma che la gran parte della cittadinanza, fuori delle maggiori città, ne è ancora priva, spesso anche della possibilità di indire referendum,

raccomanda a Radicali Italiani nell’anno radicale entrante di:
• Continuare a dare seguito alla mozione particolare Birardi approvata dal 20° Congresso (RIFORMA STRUMENTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA NEI TERRITORI)
• Coinvolgere le associazioni e gli iscritti, nonché altri soggetti politici, ad una ricognizione nazionale dell’effettivo stato degli strumenti civici di partecipazione e conoscenza (ad esempio: pubblicità in rete delle sedute, conquistata in pandemia ma poi non mantenuta)
• Predisporre e farsi promotori di una legge quadro nazionale che superi la indisponibilità locale di strumenti di partecipazione spesso previsti solo a Statuto
• Raccogliere su questa proposta, di concerto con associazioni civiche in tutto il territorio nazionale, firme tramite www.firmereferendum.gov.it
• Avanzare la proposta di disponibilità della stessa piattaforma per iniziative civiche su enti locali.

La provincia è sicura PERCHE’ mercato autonomo delle droghe leggere

Sono importanti le parole del Comandante provinciale di Rieti dei Carabinieri riguardo alla recente scoperta, in provincia, di tre casi di ingenti coltivazioni di cannabis, un totale di 500 piante destinate al commercio, da parte di 45enne, 50enne, 70enne locali.

Avevamo da subito rilevato che mentre i giornali titolavano al supermarket della droga, si trattasse piuttosto di produttori a km zero, che si tengono lontani e tengono lontani i consumatori dalla Grande Distribuzione Organizzata nigeriana e dalle multinazionali italiane del narcotraffico.

Oggi il Colonnello non solo ci conferma che “non si ravvisa uno spaccio organizzato come quello che i nigeriani riescono a fare nei vicoli del centro storico di Rieti” ma parla anche di “mercato autonomo rispetto a quello della Capitale, dove attualmente trovano grande diffusione le droghe sintetiche” e ciò ovviamente significa una maggior protezione da pericolose sostanze per i consumatori di cannabis che sarà pure “droga” ma che, dice il Ministero dell’Interno, “insieme a tabacco, alcol e caffeina è una delle droghe più  consumate al mondo”.

Un fenomeno dunque che dovrebbe far dire al Comandante che “la provincia è sicura PERCHE’ un mercato autonomo delle droghe leggere” piuttosto che dire “un mercato autonomo delle droghe leggere MA la provincia è sicura”.

Un fenomeno evidentemente positivo rispetto alla sua non esistenza e che perciò, al di là della dovuta e rispettabile applicazione della legge da parte dei Carabinieri, non giustifica a nostro avviso l’ingente spiegamento di uomini e mezzi (anche elicotteri!) vantato dal Comandante.

Federica Valcauda – Direzione Nazionale Radicali Italiani
Marco Giordani – Comitato Nazionale Radicali Italiani

Visita al carcere di Rieti, ancora lontano dalla città

Sabato 12 è stata effettuata una visita al carcere di Rieti, organizzata dall’associazione Radicali Roma che sta compiendo una serie di visite negli istituti regionali dando la opportunità anche a “normali cittadini” di accedere a questo mondo facendosene un’idea diretta; Sabina Radicale ha rilanciato l’iniziativa localmente. Solo due cittadine reatine, Silena D’Angeli e Rossella Gigli hanno aderito: entrambe in “politica” ma non in amministrazione ed entrambe impegnate nel volontariato; né amministratori, né “cittadini di Facebook” hanno ritenuto di approfittare dell’iniziativa: un’occasione persa per entrambe le categorie.

La visita dell’istituto, oltre a consentire la conoscenza delle umanità presenti, di detenuti e detenenti, avrebbe permesso specie agli amministratori di confrontarsi con una realtà che, proprio come la città esterna, ha grandi potenzialità inespresse ed inascoltate, anche dalle amministrazioni locali.

In particolare tutte le amministrazioni comunali succedutesi nei decenni sono state lontane da questa parte viva della città: ricordiamo che a Rieti è istituita da quasi dieci anni la figura, a titolo gratuito, di un Garante Comunale dei Diritti dei Detenuti, che non è però mai stato nominato; attualmente l’istituto riceve la visita di collaboratori del Garante Regionale ogni due settimane. Il corpo sociale cittadino (le associazioni, gli ordini) risente certo di questa lontananza.

Nella prima visita che effettuiamo dopo pandemia e dopo le rivolte, abbiamo trovato un istituto certo più vivibile rispetto ad altri, non solo perché ufficialmente risulta non sovraffollato (ma ricordiamo che le celle ideate per due persone furono successivamente adattate e dichiarate per quattro) ma perché gran parte della giornata è vissuta in sezione, a celle aperte. Vogliamo sperare che sia questa maggior vivibilità ad aver tenuta lontano da Rieti l’ondata di suicidi arrivati, con progressione quasi giornaliera, nel momento in cui scriviamo, a 83 da inizio anno (79 tra detenuti, 4 tra agenti).

Il problema più sentito dai detenuti è ancora quello delle attività lavorative: nessuno lavora fuori, nessun lavoro è portato dentro. Spiragli si intravedono grazie all’iniziativa “Seconda Chance” della giornalista Flavia Filippi che con il suo sforzo di connettere istituti, imprenditori, amministratori, è giunta un mese fa anche a Rieti, bene accolta dalla amministrazione che però chissà perché non ne ha dato notizia alla città.

Se l’assenza di attività lavorative è particolarmente gravosa per i detenuti extracomunitari, privi di ogni possibile aiuto esterno alla sussistenza, incide per tutti pesantemente sul processo di reinserimento e su recidiva a fine pena. Questa considerazione dovrebbe muovere l’interesse di ogni governante ed amministratore, anche per chi non prendesse per buona la Costituzione su cui ha giurato (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”).

Alle regionali una candidatura di coalizione, non di partito.

Lettera aperta al PD

Ormai pare certo che ad inizio Febbraio si voterà per il governo e per il Consiglio della Regione Lazio. Sulle pagine nazionali dei giornali impazzano le ipotesi sulla coalizione “non di destra” e sui possibili candidati Presidente.

Ma quale sarà il ruolo di Rieti e della sua provincia, in queste elezioni? Rieti rappresenta meno del 3% dei voti che vengono espressi per decidere il Presidente regionale. Se di certo il voto di ognuno di noi varrà tanto quanto quello di qualsiasi altro laziale, tuttavia a livello di comunità provinciale il nostro peso è irrisorio.

Per questo, se un ragionamento va fatto, deve essere sul consigliere che sarà chiamato a rappresentarci in Consiglio Regionale.

Come radicali sabini pensiamo che questo ragionamento vada fatto in un’ottica “di coalizione”, ed è questa la proposta che rivolgiamo al Partito Democratico.

La motivazione di questa proposta sta nel meccanismo elettorale[1] che prevede 40 consiglieri eletti proporzionalmente e 10 per premio di maggioranza. Innanzitutto va ricordato che, a causa della dimensione di Rieti, nessun candidato reatino verrà eletto tra i 40: il voto dei reatini ad una delle liste concorrerà semplicemente ad eleggere consiglieri regionali di quella lista, ma che verranno da altre province. E’ così dal 2013, anche se spesso i candidati tendono a nasconderlo o a far credere il contrario.

Il nostro futuro consigliere è invece scelto come rappresentante del Presidente vincente. In che modo?

In passato esisteva un “listino del Presidente”, rappresentativo delle varie province e concordato dalla coalizione, che risultò però indigesto perché composto da soli “nominati” e fu perciò eliminato.

Il listino fu sostituito da un premio di maggioranza di 10 consiglieri, da ripartire proporzionalmente tra i partiti vincenti; solo che anche questa ripartizione non avrebbe dato alcun eletto a Rieti; così fu ideato un meccanismo “Salva Rieti”[2] che, deformando la ripartizione proporzionale, garantisce uno dei 10 consiglieri ad ogni provincia: dove dovesse mancare, sarà scelto il candidato del principale partito (a livello locale) dello schieramento vincente a livello regionale.

Facciamo un esempio: se Fratelli D’Italia risultasse il primo partito in provincia ma il Presidente Regionale eletto fosse quello dello schieramento di sinistra, verrebbe chiamato in Consiglio un candidato della lista più votata della coalizione di sinistra (cioè finora, e con ogni probabilità ancora oggi, il Partito Democratico).[3]

Ciò comporta come chiara conseguenza che il consigliere continua a essere un mero “nominato”, ma non più dalla coalizione bensì da un unico partito.

Per questo motivo noi radicali, che parteciperemo convintamente alla coalizione di sinistra, chiediamo che l’eletto in Consiglio venga visto e considerato per quello che è, come un rappresentante della coalizione.

Ciò tanto più che l’assegnazione del seggio al candidato PD (o FDI) avviene a scapito di altre liste, per via del già menzionato meccanismo “Salva Rieti” che sottrae ad esse il seggio che secondo la quota proporzionale sarebbe spettata loro.

Proponiamo perciò al PD provinciale di non chiudersi nelle sue stanze (per di più attraversate dai venti precongressuali) per decidere il candidato della sua lista, ma di individuare insieme agli alleati due figure che possano rappresentare davvero la coalizione provinciale nel corso della nuova consiliatura regionale.

(Diciamo “il candidato” e “due figure” perché finora, ed anche oggi sulla stampa, si è sempre considerato l’uomo come il vero candidato e la donna come solo di supporto).

In coerenza con il presentarsi del PD come una lista “non solo di partito” sia alle recenti elezioni comunali sia alle politiche (in quest’ultimo caso, infatti, la lista “Italia democratica e progressista” aveva sì il simbolo del PD in evidenza, ma a seguito di accordi politici con diversi altri soggetti, come Art.1, Demos, PSI, Radicali Italiani, Volt) la nostra proposta è un’offerta di assunzione di responsabilità da parte del PD stesso, come forza non egemone o prevaricatrice degli alleati ma inclusiva, e che si faccia carico del ruolo che ha sempre svolto e che gli è riconosciuto.


[1] Come, perché e quando si è arrivati a questa legge elettorale: https://sabinaradicale.it/2022/05/23/lattuale-legge-elettorale-regionale-storia-e-difetti/

[2] Così definito nelle sedute del Consiglio Regionale che approvò la legge elettorale nell’ottobre 2017

[3] Anche nel 2018, con il PD al proprio minimo e una candidatura molto spinta come candidato “civico” del ex sindaco Petrangeli, i voti del PD furono oltre il doppio (20,95% contro 8,90%)

Sulla proposta di legge elettorale regionale

Intervista al Corriere di Rieti

Prima delle elezioni come Più Europa – Radicali avete presentato una nuova legge elettorale regionale. Cosa cambierebbe per Rieti?

Rieti da due legislature ha un solo consigliere, ma non scelto dai cittadini; nel 2013 era in un listino bloccato, dal 2018 va alla Pisana un esponente di un partito della coalizione vincente nel Lazio, anche se i sabini avessero votato compatti dall’altra parte.

E con questa proposta?

Il territorio regionale viene diviso in 32 collegi uninominali, e la provincia di Rieti ne avrà garantito uno (nonostante sia più piccola degli altri collegi).

Senza i partiti?

Ci saranno partiti e coalizioni e possibilità di disgiungere il voto tra partito e candidato del collegio. Tramite i partiti, verranno eletti 18 consiglieri con metodo proporzionale; con meccanismi però che garantiscono governabilità al Presidente ed una rappresentanza adeguata alle minoranze.

Perché questa legge?

Quella attuale ha gravi problemi. A parte Rieti, possono accadere situazioni paradossali: se 4 anni fa 1639 elettori di Latina invece di restare a casa avessero deciso di andare e votare PD, sarebbe successo che il PD avrebbe avuto in Consiglio Regionale un consigliere in meno! Poi c’è una questione di legittimazione del Presidente: Zingaretti per esempio è stato eletto la prima volta con il 40% dei voti, e riconfermato da meno di un elettore su tre.

Cosa succederebbe per il presidente?

Anche qui una novità: si prevede un ballottaggio; senza apparentamenti però. Lo stesso avverrebbe per i collegi uninominali.

E’ una proposta che ha possibilità di essere accolta?

Le resistenze saranno molte, specie dai “signori delle preferenze” romani che dovrebbero riconvertirsi a presentarsi all’intero elettorato. Ma siamo confidenti, per i gravi problemi di cui dicevo.

Chi può aiutare?

I partiti minori, cannibalizzati dalla legge attuale; ma soprattutto i territori. Questo è il motivo per cui qui l’abbiamo presentata e abbiamo intenzione di tornarci coinvolgendo tutte le istituzioni locali.

Davvero il referendum giustizia è stato un flop?

Un’analisi sulla base del voto dei cittadini a Rieti e Parma.

I referendum sulla giustizia, indetti dalla Lega tramite le Regioni lo scorso 12 giugno, sono rimasti lontanissimi dal quorum. Tale esito è stato riportato su tutti i media nazionali come un flop. Ci sono naturalmente molti motivi – di equilibri politici, di informazione, di tecnicità – per cui il quorum non è stato ottenuto, ed ognuno dà un diverso peso a questi fattori. Peraltro, è travisante disquisire di un quorum al 50% di elettori (compresi i 5 milioni di concittadini all’estero), quando per votare il Sindaco a Roma va (al primo turno!) il 48% degli elettori ed a Genova il 44%.

Bisogna però tenere conto che questi referendum non avevano un valore in sé, per le singole norme e come le si intendeva modificare, ma per il segnale politico che dall’elettorato doveva venire su diversi temi caldi della giustizia: l’invadenza della magistratura sulla politica, l’abuso del carcere preventivo, la terzietà del giudice tra accusa e difesa, come valutare i magistrati, l’occupazione del Consiglio Superiore della Magistratura da parte delle correnti.

E allora, se risulta difficile interpretare il sentimento dell’elettorato partendo dal 21% nazionale dei votanti, può tuttavia risultare possibile guardando come hanno votato i cittadini (circa 9 milioni)  che erano chiamati ai seggi anche per le amministrative (prima vota che ciò accade, a parte quello confermativo sul taglio dei parlamentari).

Ho scelto di analizzare i dati di Rieti, piccola città di destra, e di Parma, media città di tradizione PCI-PD e primo capoluogo governato dal M5S – insomma i partiti più avversi a questi referendum.

A Rieti, città di destra, i Sì ai quesiti referendari sono stati preponderanti, pur in una percentuale che mostra la divisività dei temi (e dunque anche l’opportunità di sottoporli a referendum).

Nel dettaglio, tutti i quesiti hanno superato il 50% dei Sì (dal 52% al 71%) dei voti validi. Non solo: fatta eccezione per l’abolizione del decreto Severino e per la limitazione agli abusi della custodia cautelare, che erano avversati anche da FDI, negli altri tre casi i Sì hanno superato la somma di schede No, nulle, bianche e pareggiato il totale dei “contrari” se si mette in conto, fra di loro, anche quel 15% di elettori che non ha ritirato le schede.

Figura 1 Referendum Giustizia 2022 – Rieti

A Parma, città di “sinistra”, i valori dei Sì sono inferiori a quelli di Rieti: i due quesiti su cui PD e M5S convergono con FDI rimangono tra il 42 ed il 45%; gli altri tre tra il 62 ed il 65%.

Di due punti superiore rispetto a Rieti è la percentuale (16%) di chi ha scelto di non prendere le schede, incidendo sul raggiungimento del quorum. Significativa anche la percentuale di chi, ritrovatosi con la scheda in mano, non sapendo cosa farne l’ha annullata o lasciata bianca. Questi cittadini, che si sono esplicitamente dichiarati non informati o non interessati al tema a Rieti sono tra il 12% della Severino e il 15% della valutazione magistrati; a Parma, la rinuncia ad esprimersi è di un 4% inferiore.

Figura 2 Referendum Giustizia 2022 – Parma

Questi numeri mostrano come gli elettori che erano alle urne per votare i Sindaci, una volta lì e interrogati sui quesiti referendari abbiano espresso la propria opinione in maniera niente affatto scontata e, anzi, con una correlazione con le loro tendenze politiche. Se dunque la classe politica guardava a questi referendum per ricevere un segnale, esso c’è e proviene da un campione di oltre cinque milioni di cittadini – tanti sono andati alle urne – che è enormemente superiore ai campioni che, tramite i sondaggi, dirigono invece le “strategie” dei partiti.

Crematorio a Rieti: un proposito dimenticato da sindaco e vicesindaco?

Da mesi è sorto in Sabina un dibattito sull’iniziativa dell’amministrazione di Montasola per la costruzione di un crematorio.

Un dibattito che in provincia non è una novità: accadde a Pozzaglia nel 2010 e a Borgo Velino lo scorso anno.  A Pozzaglia si desisté per le proteste di parte dell’opposizione (peraltro spalleggiata da Fabio Melilli, allora Presidente di Provincia). A Borgo Velino l’iter è in corso e l’amministrazione che lo aveva promosso è stata confermata alle elezioni. Vedremo se a Montasola si arriverà a concretizzare il progetto.

Chi protesta adduce timori di inquinamento; le amministrazioni smentiscono questi timori e portano dalla propria il vantaggio economico che l’impianto porterebbe nelle casse comunali. C’è poi chi aggiunge timori più vari, dal pericolo per gli ulivi al ritorno sfavorevole per la propria vocazione turistica, sempre prossima a concretizzarsi – ignorando per inciso che in Svizzera la cremazione riguarda la pressoché totalità delle scelte.

Sempre è mancata però in questo dibattito “LA” argomentazione, che è quella del diritto dei cittadini alla possibilità di cremazione. La cremazione è una pratica in continua costante impetuosa crescita, che in Italia nel 2020 riguardava un terzo delle scelte. Malgrado ciò, non esiste nessuna struttura in questa provincia o nelle città più vicine, L’Aquila e Terni; non considerando Roma per la quale si legge di lunghe liste di attesa, i reatini debbono rivolgersi agli impianti di Perugia, Ascoli, San Benedetto o Viterbo. Anche l’Abruzzo ne è attualmente privo, sebbene si legga di progetti a Città Sant’Angelo e ad Avezzano.

Tra le voci di protesta è utile però evidenziare quella di Legambiente Bassa Sabina che, pur dichiarando “questi impianti assolutamente necessari” pone la questione del perché proprio lì.

Questa sì è una obiezione appropriata: essendo questa una esigenza quanto meno provinciale, la cosa più normale sarebbe che il tema sia almeno presente al Comune Capoluogo; il quale poi, a nostro avviso, se ne dovrebbe far carico se le iniziative private nei comuni minori non avessero seguito. Questo è esattamente quello che come NOME Officina Politica abbiamo messo nero su bianco nel programma della lista.

Come stanno invece le cose? Seguiamo e cerchiamo di stimolare la questione, come Sabina Radicale, da anni. Cinque anni fa notammo con piacere che il tema era stato considerato da Cicchetti nel suo programma elettorale, poi trasfuso nel documento ufficiale “linee programmatiche per le azioni di mandato”. Esso conteneva un’apertura e soprattutto un riconoscimento dell’esigenza: “è da valutare la possibilità e l’eventuale conseguente collocazione di un crematorio, considerata la richiesta di tale servizio”. Promettendo ampliamenti per tumulazioni, Cicchetti parlava di “penosa migrazione delle salme”; che quindi crediamo si applichi anche a viaggi di centinaia di chilometri.

Oggi non troviamo questo tema esplicitato in nessuno dei programmi dei candidati sindaco. Normale per il nostro candidato Carlo Ubertini il cui programma delinea un quadro generale e non vuole avere la minuzia di chi invece, da Sindaco uscito o Vicesindaco uscente, dovrebbe dar conto nel proprio programma di quanto non è riuscito ad implementare nel proprio mandato (peraltro, accade il contrario: Sinibaldi ha nel programma amministrativo futuro gli interventi cimiteriali già appaltati o in corso…).

Il fatto che il proposito di valutazione (nemmeno quindi un impegno di realizzazione) sia scomparso dai programmi del Vicesindaco che si candida a Sindaco, cosa significa? Significa che la valutazione è stata fatta? Non crediamo, visto che non ne è stata data comunicazione alla città. O non c’è più la richiesta? In tal caso, eccoci che la rinnoviamo.

Fabio Andreola
Marco Giordani
Marco Orlandi
Gianfranco Paris

Referendum Giustizia: a Rieti avvocati e magistrati dibattono tra sì e no, la politica tace.

Tra due settimane si voterà per 5 referendum sul tema Giustizia.

Giovedì pomeriggio si è tenuto a Rieti, organizzato dalla Camera Penale di Rieti, un convegno che ha messo di fronte personaggi del prestigio del presidente degli avvocati penalisti Giandomenico Caiazza (per il Sì) ed il magistrato sostituto procuratore di Roma Mario Palazzi (per il No)

Le due ragioni si sono confrontate muovendosi su diversi livelli: la inutilità o dannosità delle modifiche della norma (secondo il magistrato) e il senso politico e simbolico dei quesiti, a fronte di evidenti storture della Giustizia in quei campi in cui i referendum cercano di intervenire (secondo l’avvocato).

Si raggiungerà il quorum? Difficile: l’informazione è scarsa, e a motivazione si dice che le questioni “giustizia” non appassionano – strano, essendo l’amministrazione della Giustizia il motivo fondante dell’esistenza degli Stati.

Proprio per essere la Giustizia il fulcro della convivenza civile, è importante il senso politico dei quesiti e per questo come Sabina Radicale e Radicali Italiani sosteniamo il Sì.

Eppure la sala, molto affollata da avvocati e magistrati, non ha visto la presenza (a meno di qualche avvocato) e soprattutto il contributo di esponenti dei partiti oltre il nostro.

Contributo che sarebbe stato quanto mai opportuno per i partiti che sostengono il No (ad esempio il PD o il M5S), che avrebbero potuto affiancare alle ragioni tecniche del magistrato le loro ragioni politiche, contrapponendole a quelle politiche squadernate dal rappresentante dell’avvocatura.

Dai partiti che sostengono il Sì, che vanno in città da Azione al PSI, ad IV, a FI e alla destra ci aspetteremmo invece una campagna tra i cittadini che sarebbe agevolata, anziché ostacolata, da quella delle amministrative. Eppure, non abbiamo visto e sentito nulla neppure dai promotori del referendum, e cioè dai leghisti.

Le cronache non ci hanno riportato di nessun accenno neppure dai leader nazionali: sono già passati qui Tajani e Salvini; quel Salvini i cui manifesti per il referendum campeggiavano strumentalmente alle comunali di ottobre a Milano, ma che sembra sfilarsi ora che si va a votare.

Rimangono due settimane prima del voto e saranno cruciali: qui a Rieti per mobilitare al Sì e altrove per mobilitare al voto.

A Rieti (e Cittaducale, Antrodoco, Pescorocchiano, Casaprota, Salisano e Nespolo) la caccia al voto di preferenza su di sé potrà ben abbinarsi al mostrare all’elettore che l’adesione al proprio partito non è puramente strumentale all’ottenimento del suo voto alle comunali.

PNRR: la transizione energetica richiede la partecipazione dei cittadini

NOME Officina Politica ne parla Lunedì con Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani


Il tema del PNRR è ben presente nella campagna elettorale reatina; PNRR non è però solo soldi da spendere, ma impegni che sulla transizione energetica sono richiesti al Paese.

Entro dicembre 2022 le Regioni dovranno individuare le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

L’individuazione delle aree idonee non potrà non passare dal rapporto con i territori e con gli amministratori locali.

A Rieti – e provincia – abbiamo avuto in passato anche recente molti diversi tentativi di installazione di impianti (fotovoltaici, biometano, biomasse, biogas) che non hanno avuto esito o hanno comunque incontrato forti opposizioni.

Ecco allora la necessità di una vera e propria rivoluzione culturale che comprenda, certo, lo snellimento della burocrazia e il gioco di squadra di tutte le parti coinvolte ma anche e soprattutto la ricostruzione di un rapporto trasparente e collaborativo con i cittadini.

E’ quello che NOME Officina Politica ha indicato con chiarezza nel proprio programma e con forza nel suo slogan “Per una città a energia civica”.

Di questi temi, della transizione energetica e di partecipazione ma anche dei problemi che attengono alla gestione dei rifiuti parleremo Lunedì 30 alle 18:30, al Comitato Ubertini Sindaco, con Massimiliano Iervolino, segretario nazionale di Radicali Italiani.

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Massimiliano Iervolino, laurea in chimica industriale, è esperto di gestione rifiuti, sul quale tema ha pubblicato diversi volumi ed è stato per due legislature consulente della Commissione Ecomafie. Recentemente, ha proposto al Sindaco Gualtieri l’indizione a Roma di un referendum consultivo che consenta informazione, partecipazione e dibattito della cittadinanza sul progetto di termovalorizzatore.

Dal voto referendario può arrivare un segnale, al di là del quorum

Contributo di Marco Giordani al convegno “Le ragioni del Sì e del No”


Senza nasconderci dietro un dito, dobbiamo prendere atto che ben difficilmente questo referendum raggiungerà il quorum.

Sento al contempo diversi politici che lo dichiarano come un “segnale per il Parlamento”; anche Sabino Cassese ne parla come “sollecitazione al Parlamento”.

Interpretare un referendum non per la norma che modifica o abroga ma come “segnale” non è una novità; ad inaugurare questo aspetto credo siano stati i referendum sul Nucleare del 1987.

Personalmente questo non è nelle mie corde e non mi ci sono mai adattato, tuttavia in questo caso un segnale, VOLENDO, credo sia ricavabile anche nella probabile situazione di non raggiungimento del quorum.

Ciò è dato dall’abbinamento alle elezioni amministrative, che si terranno in tutta Italia, in comuni grandi e piccoli, del nord e del sud, coinvolgendo mille comuni e 9 milioni di elettori.

Non è usuale che referendum si svolgano in abbinamento a delle elezioni. Accadde nel 2009, abbinando (però al turno di ballottaggio) tre referendum sulla legge elettorale.

Allora l’abrogazione di parti del Porcellum ebbe a livello nazionale il 23% di affluenza ed il 77% di sì.

Si diede allora per scontato, così come in altri referendum che i Sì preponderassero a causa della scarsa partecipazione. Ma è così? No!

Sono andato a vedere cosa accadde in grandi città in cui si votò al ballottaggio: a Firenze si ebbe il 59% di affluenza. I votanti al referendum furono meno, il 48% ma con la stessa percentuale nazionale 77% di Sì. A Bologna il 62% al ballottaggio e 53% al referendum, 77% di Sì. A Padova affluenza 65%, per il referendum 51%, Sì al 74%. A Bari, 60% di affluenza, 54 al referendum, 76% di Sì.

Non so se questa coincidenza tra il Sì nazionale ed il Sì dove la gente vota avverrà anche stavolta. Sarebbe però importante, per afferrare il SEGNALE, non fermarsi nei commenti alla scarsa affluenza nazionale, ma estrapolare i dati dei comuni in cui si sarà votato per le amministrative.

Nel frattempo ne dovrebbe derivare che le forze politiche che veramente vogliano ottenere qualcosa da questo referendum debbano fare campagna soprattutto qui, dove si vota. Cosa che però…