Sabina Radicale sarà in piazza, accanto alla comunità afghana e alle altre associazioni, condividendo l’obiettivo di premere sul governo italiano affinché si creino corridoi umanitari per consentire a TUTTI coloro (uomini, donne e bambini che vogliano lasciare quel paese) di poterlo fare.
Chiediamo che il governo si attivi con priorità per i ricongiungimenti familiari di afghani già in Italia e che conceda il visto di ingresso per motivi di studio a tutte le donne afghane che ne facciano richiesta. Su questo Radicali Italiani ha lanciato una iniziativa nazionale https://radicali.it/campagne/vi-abbiamo-visto/
Plaudiamo intanto alla iniziativa delle organizzazioni diocesane reatine che si sono rese disponibili ad accogliere parte dei pochi profughi che sono già riusciti a salvarsi.
Nel frattempo, il consesso internazionale deve fare ogni sforzo e mettere in atto ogni azione affinché il governo afghano si adegui agli standard internazionali in materia di diritto umanitario internazionale.
Si dice che quel paese non sia pronto ai diritti. Per noi non è così: come per #liberiFinoAllaFine in cui siamo impegnati in questi mesi, i diritti non sono di un paese e di chi lo comanda, ma appartengono agli individui, ed ad essi vanno garantiti.
Martedì 24 agosto Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani, dalle ore 11 alle 13 sarà a Terminillo (Rieti) al tavolo di raccolta firme sull`eutanasia allestito da Sabina Radicale a Pian de’ Valli, dove incontrerà cittadini, giornalisti, militanti e simpatizzanti.
“E’ dal 2013, data in cui abbiamo depositato una proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, che attendiamo una risposta dal Parlamento – ha dichiarato il segretario di Radicali Italiani – un immobilismo che non è stato scalfito neanche dai richiami della Corte costituzionale e dal processo Cappato-Dj Fabo. Ora con questo importante referendum stiamo dando voce al volere dei cittadini e possiamo finalmente immaginare insieme un futuro di libertà e dignità, fino alla fine “.
Tutti coloro che vorranno sottoscrivere il referendum – hanno dichiarato Marco Giordani e Fabio Andreola, segretario e tesoriere di Sabina Radicale – potranno farlo venendo al nostro gazebo muniti di documento. Solo a Rieti e provincia – comunicano dall’associazione – sono state raccolte più di tremila sottoscrizioni di cui oltre trecento in agosto “inseguendo” i cittadini nelle loro vacanze nella località turistica montana. Anche se abbiamo raggiunto l’obiettivo nazionale di 500 mila firme non ci fermiamo”.
Il 12 Agosto è stata una giornata storica per la politica e l’esercizio attivo della cittadinanza. Mentre la raccolta firme per Eutanasia Legale procede con successo in Italia e a Rieti (ad oggi 2200 firme raccolte in città ed altre 500 in provincia) è ora finalmente possibile, in alternativa, sottoscrivere il referendum anche in forma digitale (con SPID o Carta d’Identità Elettronica) dal sito https://referendum.eutanasialegale.it/firma-digitale/
Questa modalità di sottoscrizione, a disposizione di tutti (in decine di migliaia hanno già firmato nel primo giorno di attivazione), sarà al momento particolarmente utile per chi soffre di disabilità e per gli italiani residenti all’estero che fino a ieri potevano farlo solo in Italia o nei consolati.
Dopo anni di vuote parole sulla democrazia diretta e partecipazione digitale dei cittadini, questo sì è un passo avanti nell’esercizio dei diritti politici e che attua diritti costituzionali sempre ostacolati.
A questa conquista si è arrivati grazie al ricorso, in sede delle Nazioni Unite, da parte di segretario e tesoriere di Radicali Italiani, Mario Staderini e Michele De Lucia, che denunciarono nel 2013 i numerosi ostacoli al diritto dei cittadini a promuovere referendum.
Ostacoli che l’ONU ha giudicato nel 2019 “irragionevoli” condannando l’Italia e richiedendo che le astruse regole, con cui tuttora stiamo raccogliendo firme, fossero modificate. E’ per inciso in questo contesto che recentemente lo Stato ha allargato la platea dei possibili autenticatori ad avvocati ed avvocate, che tanto ci stanno aiutando nella raccolta referendaria.
Rieti e Sabina Radicale sono state protagoniste di questa conquista davvero epocale (l’Italia è l’unico stato in cui la firma digitale è applicata per iniziative non solo di proposta ma con valore vincolante): tra le testimonianze portate all’ONU figurano infatti le difficoltà che nel 2013 si riscontrarono nella sottoscrizione di referendum presso il Comune di Rieti.
Su carcere e REMS di Rieti, i richiami di Ministro e Prefetto.
La recente pubblicazione delle violenze ai danni dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ha acceso una luce su quanto sia avvenuto in quei giorni, non solo lì ma anche a Modena, a Rieti.
Anche da Rieti infatti, dove neppure il numero di decessi fu definitivamente chiarito (organi nazionali di stampa riportarono un successivo decesso rispetto ai tre immediati, mai smentito ma non confermato nei rapporti), fu data notizia da parte di parenti di detenuti di violenze occorse nel post rivolta.
Successivamente alla evidenza “visiva” di quanto accaduto in Campania, giornali nazionali e locali hanno riportato di una inchiesta in corso anche dalla Procura della Repubblica di Rieti.
Questa inchiesta si affianca a quella interna disposta dalla Ministero di Giustizia in tutte le carceri in cui si sono svolte le rivolte, quindi inclusa Rieti.
Sabina Radicale attende le risultanze dell’inchiesta, fiduciosa nel nuovo corso che il Ministero sembra aver intrapreso. Un nuovo corso a cui la Ministra invita tutti a prendere parte, invitando nel suo discorso “chi non è mai stato in un carcere, voi tutti onorevoli lo potete fare, lo faccia, fatelo”[1].
Un invito non retorico, quasi un rimprovero – nonostante l’applauso – giacché le visite in carcere da parte dei parlamentari sono tutt’altro che frequenti. Anche nel nostro istituto, non ricordiamo in questi anni visite di alcuno dei quattro parlamentari che fanno in qualche modo riferimento a Rieti.
In questi giorni è stata inaugurata a Rieti una REMS, che è la struttura sanitaria per gli autori di reato non imputabili, perché affetti da infermità mentale, ma indicati come socialmente pericolosi. Il Prefetto di Rieti, nel suo saluto, ha rimarcato che “un aspetto su cui tutti dobbiamo impegnarci è la percezione, da parte della società, di questo fenomeno”.
E la società, la cittadinanza è in primis rappresentata, oltre che dai parlamentari – assenti perché impegnati in Parlamento proprio sul DDL Giustizia – dal Comune di Rieti, che non abbiamo visto intervenire.
Comune di Rieti che ricordiamo ha istituito oltre otto anni fa il “Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale”. Garante istituito con un voto unanime, quindi anche della allora opposizione di destra, ma che il Consiglio Comunale non si è mai dato pena di nominare, nonostante Sabina Radicale periodicamente lo rammenti.
Crediamo allora che questo sia il momento, sia per l’inchiesta in corso in Procura, sia per la istituzione della REMS, che il Consiglio Comunale, ma anche la politica tutta che si prepara alle nuove elezioni, si facciano parte attiva, impegnandosi nel ruolo e responsabilità a cui sono chiamati, come sollecitato dal Signor Prefetto.
[1] Dal discorso di Marta Cartabia alla Camera dei Deputati del 21 Luglio nella informativa urgente del Governo sui fatti accaduti nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere:
” [..] Chi non è mai stato in un carcere, voi tutti onorevoli lo potete fare, lo faccia, fatelo (Applausi), perché un conto è vedere un reparto di alta sicurezza, un conto è vedere un’articolazione di salute mentale, un conto è vedere il reparto delle donne spesso operose, un conto è vedere le situazioni di marginalità che portano tante persone in carcere, pur avendo commesso delitti o reati di dimensioni e di portata molto diversa da quelle di altri. [..]”
Sta andando a gonfie vele la campagna per il Referendum Eutanasia Legale: al 22 Luglio solo dai tavoli di raccolta sono arrivate 172mila firme, e ne sono stimate 200mila (per tavoli non ancora comunicati).
Ma dentro questo successo spicca quello di Rieti: i dati ufficiali al 20 Luglio dal Comitato Eutanasia Legale certificano l’ottimo andamento della raccolta che si sta ottenendo in provincia, già evidenziato dal gruppo “Eutanasia Legale Rieti” di Raffaele Fracassi con le quasi 1100 firme raccolte alla data.
Nella classifica per comuni tra 10mila e 50mila abitanti, Rieti è al 1° posto assoluto con 1408 firme raccolte in città, ed al 6° rispetto agli abitanti: 30 firme (naturalmente non tutte di reatini) per mille abitanti. Non solo: se Rieti (47mila abitanti) fosse stata nella soglia degli oltre 50mila, sarebbe stata la città al 1° posto rispetto agli abitanti.
Di questo risultato va reso grande merito a quel gruppo, con la sua costanza a presidiare ogni fine settimana le più movimentate piazze cittadine. Ma c’è poi anche Fara in Sabina, con 100 firme (8 per mille abitanti) raccolte dall’associazione MenteLocale (che replicherà domenica a Montopoli) e, tra i comuni sotto ai 10mila abitanti, ancora 6° per abitanti Frasso Sabino dove alla Fiera mensile Controvento e Sabina Radicale raccolsero 55 firme per mille abitanti (ma era la fiera, da 20 comuni diversi).
Mancano poi altre raccolte già effettuate a quella data, da Controvento a Monteleone Sabino e Poggio Moiano, e quelle in corso ma non ancora comunicate da avvocati, consiglieri comunali, sindaci. Anche qui l’attivismo in provincia spicca, con ben 17 tra sindaci e consiglieri che si sono registrati come “promotori” (ma anche diversi altri sono attivi); basti pensare che la Provincia e città di Roma ne conta 13 e la somma delle altre province laziali appena 8.
Importante sarà nelle prossime settimane, avendo battuto così intensamente il capoluogo – ma si continua, incrementare i tavoli in Sabina (già programmati tavoli a Poggio Mirteto per due venerdì) e farsi trovare dai cittadini – non solo reatini – quanto più in ogni angolo del nostro territorio (già programmato Terminillo nei fine settimana agostani).
Marco Giordani segretario Sabina Radicale referente locale EutanasiaLegale per Associazione Luca Coscioni referente locale EutanasiaLegale per Radicali Italiani
Un caso nazionale ne evidenzia la mancanza. I dati di Rieti ne danno conferma.
In questi giorni sulle prime pagine nazionali dei giornali è venuto alla ribalta il caso di Samantha, 30enne finita in coma irreversibile dopo l’operazione ad una gamba. I genitori chiedono, citando le sue intenzioni, di interrompere il suo mantenimento artificiale in “vita” ma i medici si oppongono; questo perché Samantha non aveva depositato le proprie Disposizioni Anticipate di Trattamento (il cosiddetto “biotestamento”) e così dovrà essere un giudice, come fu per Eluana Englaro, a dover decidere.
Purtroppo le DAT stentano a decollare, nonostante una legge ben fatta e la recente attuazione di una Banca Dati Nazionale in cui esse vengono riversate dai comuni, il che le rende uno strumento sempre e velocemente disponibile all’occorrenza.
La legge è attiva dal gennaio 2018 e una recente indagine condotta da Sabina Radicale per l’Associazione Luca Coscioni nella provincia di Rieti (ma con valenza nazionale, per la completezza dei dati e per essere la prima a riguardare un intero territorio) mostra come dopo un iniziale stentato avvio (anche a causa di impreparazione dei comuni) i depositi si siano concentrati nella seconda metà del 2018 e prima metà del 2019, andando poi a scemare, già prima della pandemia che ha ridotto movimenti e frequentazione degli uffici pubblici.
La lettura di questi dati fa pensare che si siano attivate nel primo anno le persone che già erano sensibilizzate sull’argomento e ne attendevano l’attuazione, ma sia mancata l’informazione generale ai cittadini.
Matteo Mainardi, coordinatore della campagna Eutanasia Legale, nel presentare i dati dell’indagine reatina, segnala come una ricerca commissionata nel 2019 dall’Associazione Luca Coscioni a SWG facesse emergere come per l’84% degli italiani le istituzioni non abbiano correttamente informato i cittadini sui loro diritti e su come redigere un testamento biologico, mentre il 71% non fosse a conoscenza del procedimento per il deposito delle DAT.
All’interno della provincia reatina anche la notevole differenza tra Sabina (con più depositi) e le altre zone, su un argomento che riguarda tutti indistintamente al di là di censo, età, opinioni politiche o religiose, può essere solo riconducibile alla mancanza di informazione che pure era obbligo di legge per le ASL, come ricorda Marco Giordani di Sabina Radicale nella stessa presentazione sul sito dell’Associazione Luca Coscioni.
Tra poco più di un mese partiranno i tavoli di raccolta firme per la richiesta di un referendum per la legalizzazione e regolamentazione della eutanasia. E’ argomento distinto da quello del biotestamento ma entrambi riguardano il diritto alla nostra autodeterminazione. Sabina Radicale coglierà perciò questa occasione per portare ai cittadini anche l’informazione ed i moduli per le Disposizioni Anticipate di Trattamento. E’ comunque necessario che la ASL, nella nuova ripartenza post pandemia, si attivi seriamente sulla informazione. Informazione ai cittadini per la quale chiediamo di farsi carico anche alle amministrazioni comunali, attuali e future.
Il governo assume l’impegno formale richiesto da Alessandro Fusacchia
Forse le elezioni di autunno saranno le prime in cui i comuni con meno di mille abitanti non subiranno l’invasione di liste composte da gente mai vista in paese e che mai si vedrà anche se eletta. Nella nostra provincia stavolta i comuni potenzialmente “attaccabili” saranno Ascrea, Borbona, Borgo Velino, Cittareale e Collalto Sabino.
E’ infatti stato approvato dalla Camera un Ordine del Giorno, presentato da Alessandro Fusacchia, che “impegna il governo a valutare l’opportunità di introdurre con successivo provvedimento, con riferimento alle elezioni di cui al presente decreto-legge, considerando la possibilità di una disciplina a regime, un numero minimo di sottoscrizioni da parte di residenti necessarie per la presentazione di liste elettorali alle elezioni comunali nei comuni con popolazione inferiore a mille abitanti.”[1]
Ricordiamo che il fenomeno si verifica da diversi anni e sistematicamente ad ogni turno di elezioni viene evidenziato nelle cronache locali minori (non certo nelle metropoli). Esso riguarda prevalentemente appartenenti a forze dell’ordine, anche se nelle ultime tornate, perlomeno a Rieti, si sono manifestate liste riconducibili ad un partito di estrema destra a base pugliese, probabilmente in cerca di visibilità ed accreditamento.
Qualche mese fa pare che finalmente qualcuno nella polizia e nel Parlamento si sia svegliato ed indignato, purtroppo non grazie a segnalazioni da prefetture e amministratori locali, o dai giornali locali a disposizione di tutti, ma ahimè da un servizio tv di Striscia la Notizia.[2]
L’ordine del giorno approvato dovrebbe ottenere una velocizzazione della proposta di legge, presentata alla Camera nel marzo 2019 sempre da Alessandro Fusacchia su richiesta di Sabina Radicale che già da due anni prima aveva chiesto a partiti, parlamentari o ANCI che si facessero carico del fenomeno.[3]
Proprio ieri a rinforzare questa iniziativa, ANCI Lazio ha risposto all’appello, grazie al suo Presidente, sindaco di Monterotondo.[4]
“Velocizzare”, perché la proposta di legge non è ancora stata portata in discussione, non essendo stata appoggiata da altri parlamentari di gruppi di maggior peso (nonostante in provincia non manchino).
La proposta prevede semplicemente che le liste debbano essere corredate di almeno 2 firme di residenti.[5]
Successivamente alla nostra, al Senato sono state presentate due proposte di legge che si occupano anche di questo problema: una da un senatore leghista di Lodi ed una da un senatore del PD di Cuneo
La proposta leghista chiede che i comuni con più di 500 abitanti debbano raccogliere 25 firme, come quelli fino a 2mila abitanti, mentre per i più piccoli se ne richiederebbero il 5%.[6]
Questa è una proposta che impatterebbe notevolmente sui nostri comuni. In provincia di Rieti ci sono 22 comuni fino a 500 abitanti e 16 comuni tra 500 e 999. Per i comuni sotto a 500 abitanti significherebbe richiedere un minimo di 10 firme per 200 abitanti e il massimo di 20 firme potrebbe limitare la possibilità di presentare liste concorrenti.
L’altra proposta, del senatore PD, non agisce sul numero delle firme, ma richiede che “nei comuni con popolazione al di sotto dei 3.000 abitanti le liste dei candidati alla carica di consigliere comunale devono contenere almeno due terzi dei candidati residenti nel comune”. [7]
Questa proposta, che crea una discriminazione tra comuni di diversa dimensione, è ancora più impattante su Rieti: solo 10 comuni su 71 ne sarebbero esclusi. Sarebbe particolarmente impattante nei piccolissimi comuni dove non è insolito che si offrano, alla gestione della comunità, dei cittadini che, pur legati a quel comune, svolgono la loro attività lavorativa e quindi hanno residenza altrove.
Le due proposte di legge, unificate, sono attualmente in discussione in Commissione e trattano anche il tema del quorum da raggiungere quando c’è una sola lista. Esse hanno peraltro avuto già pareri contrari di costituzionalisti, che non ci sembrano essere applicabili in egual misura alla proposta Fusacchia.[8]
Marco Giordani segretario Sabina Radicale
[1] Ordine del Giorno approvato nella seduta del 29 aprile:
L’iniziativa organizzata a livello nazionale di fronte ai Tribunali nel momento in cui Walter De Benedetto sarà a processo ad Arezzo
Martedì 27 aprile, alle ore 12, attivisti dei Radicali, di associazioni, imprenditori e qui e là altri partiti, si ritroveranno con degli annaffiatoi di fronte ai Tribunali della propria città, in tutta Italia, in segno di solidarietà con Walter De Benedetto, che in quel momento andrà a processo ad Arezzo.
A Rieti, alla manifestazione promossa da Radicali Italiani, MeglioLegale ed IoColtivo.eu e organizzata localmente da Sabina Radicale hanno già aderito anche Cittadinanzattiva Rieti, il Tribunale del Malato Rieti, il Movimento civico “Rieti Città Futura”, la Federazione provinciale PSI, la Rieti LGBT+ associazione Arcigay, Controvento, PiùEuropa Rieti; hanno annunciato la loro presenza i consiglieri comunali Mauro Rossi e Simone Petrangeli. Per eventuali altre adesioni ed annunci di presenza o solo per maggiori informazioni: info@sabinaradicale.it
Walter De Benedetto ha 49 anni e fin dall’adolescenza soffre di artrite reumatoide, una malattia degenerativa che lo costringe a letto e provoca dolori atroci. Non c’è una cura per la sua patologia ma c’è il modo di soffrire un po’ meno: dal 2011 assume regolarmente cannabis a scopo terapeutico.
Pur in possesso di ricetta medica in questi anni Walter non ha ricevuto un adeguato quantitativo di farmaco utile alla gestione della sua malattia.
Da 14 anni, infatti, nel nostro Paese è consentito il ricorso alla cannabis terapeutica, ma il fabbisogno è superiore alla produzione e all’importazione del farmaco. Secondo il report Estimated World Requirements of Narcotic Drugs 2020 dell’International Narcotics Control Board, l’Italia ha un fabbisogno di 1.950 kg all’anno di cannabis medica. A fronte di tale domanda, sulla base di quanto pubblicato sul sito del Ministero della Salute, lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (SCFM), nel 2019, ha distribuito alla farmacie cannabis per soli 157 kg.
Per far fronte alla cronica carenza di cannabis Walter ha deciso, assumendosene la responsabilità, di coltivare autonomamente la cannabis necessaria per la sua terapia. A seguito di questa decisione è sotto imputazione di coltivazione di stupefacente ai fini di spaccio. Per il suo amico Marco che lo aiutava annaffiando le piante, cosa che Walter non riusciva a fare, è scattata la messa alla prova e il suo “reato” si estinguerà se nel periodo di volontariato dimostrerà “ravvedimento e buona condotta”.
La evidente schizofrenia italiana sulle prescrizioni di cannabis terapeutica è però solo la punta dell’iceberg del più generale tema della criminalizzazione senza senso della cannabis. “Criminale non è Walter, criminale è una legge bieca e proibizionista”, dichiara Marco Giordani di Sabina Radicale, che aggiunge: “Dobbiamo lottare per la legalizzazione della cannabis, consumata da più di sei milioni di cittadini italiani. Non manifestiamo contro i tribunali e le forze di polizia, ma per loro, in quanto depenalizzare i reati legati alle droghe libererebbe forze dell’ordine e sistema giudiziario da migliaia di procedimenti inutili, e svuoterebbe le carceri. Basta regalare soldi alle mafie e alla criminalità organizzata, basta dannosi tabù, e sì a nuove imprese e posti di lavoro, a città più sicure, alla sicurezza sanitaria di ciò che i consumatori assumono. ‘Io non lo farei’ non deve mai diventare ‘tu non lo devi fare’. Essere in piazza a nostro fianco martedì significa manifestare il proprio dissenso a leggi dannose e vecchie. Il mondo ormai, addirittura in Messico e negli Stati Uniti, sta abbandonando il proibizionismo ed è tempo che anche l’Italia e l’Europa si pongano su questa via”.
Il sindaco Cicchetti non ha dato sufficienti spiegazioni alla cittadinanza in merito alla sua decisione di mantenere le scuole chiuse a Rieti, nonostante la riapertura decisa dalla Regione Lazio.
Cicchetti dichiarò tempo fa che essere “massima autorità sanitaria del comune” non gli desse più poteri che la obbligata firma di qualche TSO. Ora invece chiude le scuole adottando una misura restrittiva rispetto alla Regione. Qualcuno deve aver informato Cicchetti che in effetti dei poteri in materia sanitaria li ha, eccome, e questo è un bene. Tuttavia il potere si esercita, anche autocraticamente, fornendo gli elementi su cui si basa e trasparenza sulle motivazioni.
Dalla nota del Comune di Rieti si legge che “la decisione, a tutela della salute pubblica, è stata assunta anche in considerazione del fatto che la riapertura delle scuole in presenza per soli due giorni, prima della sospensione per le vacanze pasquali, esporrebbe la popolazione al rischio di contagio proprio nel periodo di maggior diffusione di nuove varianti che risultano essere più aggressive sulla popolazione giovanile”.
Innanzitutto ricordiamo che già il Presidente di Regione, in base al fattore di nuovi contagi settimanali, avrebbe titolo per lasciare comunque sia Rieti città che la provincia in zona rossa, essendo entrambe da giorni stabilmente ben oltre la quota di 250 contagi settimanali per 100mila abitanti (280 per il comune, 306 per la provincia).
Se fossero i dati epidemiologici generali ed ufficiali ad aver mosso Cicchetti, egli avrebbe dovuto rivolgersi a Zingaretti e sollecitare il proseguimento della zona rossa.
Invece la sua attenzione si è rivolta alle sole scuole. Ma che evidenze ha Cicchetti che le scuole di Rieti rappresentino una eccezione rispetto a quanto dimostrato nello studio su 7,3 milioni di soggetti, recentemente pubblicato su The Lancet, che dimostra l’assenza di correlazione tra riapertura delle scuole e diffusione del virus? Se gli insegnanti sono stati vaccinati con priorità insieme agli anziani, che senso ha tenere le scuole chiuse? Verrebbe da pensare che la ASL abbia fornito al Comune dati estremamente allarmanti sulle scuole, ma quali sono?
Nella stessa nota si legge infatti che “a chiedere di posticipare il rientro in presenza al 7 aprile per le attività didattiche del primo ciclo, erano stati anche alcuni dirigenti scolastici con una nota inviata al Sindaco nella mattinata odierna”, e la ordinanza specifica quali, anche citando le motivazioni che sarebbero (oltre alla allarmante – per tutti e tutti i luoghi – situazione epidemiologica) le “disposizioni di quarantena che coinvolgono alunni e personale”.
Dato per scontato che tre dirigenti sui cinque degli istituti scolastici cittadini non sono un comitato tecnico scientifico di epidemiologi, il fatto che la ordinanza citi virgolettando questo passaggio sulle quarantene fa capire che la richiesta sia stata di carattere organizzativo. Ma studenti e genitori hanno meno dignità e meno problemi organizzativi dei presidi? Sono stati ascoltati?
Queste disposizioni di quarantena inibiscono la ripresa di qualsiasi attività? E dove? E per quanto: finora non sono state gestite e come lo saranno da dopo Pasqua?
Poi forse la sanità pubblica o l’organizzazione scolastica non sono stati il solo motore della decisione: sulla stampa si legge che con questi giorni di chiusura si possono ultimare dei lavori edili, i quali verrebbe da pensare che evidentemente non possano essere svolti quando le scuole sono fisiologicamente chiuse (pomeriggio, festivi).
Triste vicenda questa che, così come presentata, conferma l’opacità delle decisioni autocratiche di Cicchetti, l’andare dietro ad istanze personali o corporative a scapito dell’interesse pubblico, che – specie in una città come Rieti – sta nella istruzione e nella qualità delle future generazioni.
In occasione dei tre anni dalla legge che istituiva le Disposizioni Anticipate di Trattamento (il cosiddetto “testamento biologico”) l’associazione Sabina Radicale ha condotto, in collaborazione con la Associazione Luca Coscioni, una indagine presso tutti i comuni della provincia di Rieti.
L’indagine fa seguito a quella effettuata su scala nazionale dall’Associazione Luca Coscioni a fine 2019, limitata ai comuni sopra i 60mila abitanti, quindi non coinvolgendo Rieti. L’indagine diede dati diversissimi da città a città: per rimanere nel circondario, Terni segnalò una DAT ogni 251 abitanti, ma Roma una ogni 849 e L’Aquila ogni 1219.
Questa reatina è la prima indagine “diffusa” in Italia, condotta su un territorio non urbano e coinvolge anche l’anno di pandemia 2020 e indaga su se i comuni si siano attivati nella trasmissione delle DAT alla Banca Dati Nazionale, istituita a fine 2019 e che finalmente rende molto più fruibili, in caso di necessità, le DAT depositate
I RISULTATI
Sono stati raccolti i dati di tutti i 73 comuni della provincia. Il campione comprende oltre 150mila abitanti, con solo 4 comuni (Rieti, Fara, Cittaducale e Poggio Mirteto) sopra i 5mila abitanti.
Sono state depositate DAT nel 47% dei comuni, per un totale di 278 DAT (72 nel capoluogo, 206 DAT negli altri comuni), con un rapporto di una DAT ogni 550 cittadini (647 per il capoluogo che quindi si pone sotto la media).
Le DAT si concentrano per il 65% in Sabina (che copre 60mila abitanti) dove ne è depositata una ogni 349 abitanti. Una ogni 926 cittadini invece nel resto della provincia, con Rieti e la conca reatina a 850, il Cicolano e Turano a 1750, l’alta valle del Velino a 950.
Che più della metà dei comuni non abbia avuto nessun deposito non stupisce se consideriamo che in provincia ben 37 comuni non arrivano ai mille abitanti. I più grandi comuni privi di DAT, di duemila abitanti, sono Poggio Bustone, Cantalice, Leonessa, Amatrice, Antrodoco e (unico fra questi in Sabina) Stimigliano.
I comuni (tutti in Sabina) con il più alto tasso di deposito DAT sono Collevecchio (1 ogni 88 cittadini), Toffia (94), Magliano Sabina e Vacone (113), Roccantica (134) e Poggio Nativo (139). Negli altri territori, Castel Sant’Angelo (178) e Borgo Velino (188). Il comune con più DAT, dopo Rieti con 72 DAT su 46mila abitanti è Fara in Sabina, secondo più popolato con 14mila abitanti che ne ha 34, poi Magliano Sabina con 32.
Solo il 7% delle DAT sono state depositate nel 2020 e il 74% si concentra tra seconda metà 2018 e prima metà 2019.
Riguardo il versamento delle DAT alla Banca Dati Nazionale, in solo 5 casi i comuni hanno segnalato di non averlo ancora fatto, avendo così l’indagine stessa dato loro l’opportunità di adempiere a questo importante passo della procedura.
ALCUNE CONSIDERAZIONI
La prima considerazione è che il tasso di deposito per popolazione nel nostro territorio “rurale” non è sensibilmente minore di quello nei grandi centri; singolare come il valore sia praticamente lo stesso tra i capoluoghi censiti dalla Associazione Luca Coscioni (una ogni 362 abitanti) e i nostri comuni della Sabina. Vero che l’indagine della ALC si fermava al 2019, ma abbiamo visto come il 2020 abbia contribuito solo per il 10%.
E’ probabilmente presto per trarre indicazioni dall’andamento annualedei depositi: il 2018 (con depositi concentrati nella seconda metà dell’anno) ha risentito dell’avvio della legge e dell’organizzazione dei comuni (le prime in provincia risultano quelle depositate ad aprile a Rieti con l’assistenza di Sabina Radicale[1]) e si può supporre che ci fossero cittadini già informati ed in attesa; per il 2020 la pandemia avrà avuto sicuramente il suo impatto, a quanto pare frenante.
Non si ravvisa una differenza tra comuni in base alla loro dimensione: l’unico comune urbano, il capoluogo Rieti di 46mila abitanti ha un tasso di una DAT ogni 647 abitanti, inferiore alla media della provincia.
Colpisce la notevole differenza nel tasso di depositi tra la Sabina, pur territorio “rurale” ed il resto della provincia. E’ ovviamente una differenza che si riscontra anche in molte altre occasioni ed indicatori, ma meraviglia una così marcata differenza su un tema che riguarda tutti indistintamente, e la cui informazione non crediamo sia stata veicolata differentemente a seconda dei territori. E’ probabilmente opportuno uno sforzo di comunicazione da parte delle istituzioni, anche locali; comunicazione che diventa “dovuta” nel caso della ASL, che su questo è inadempiente alla legge stessa che le prescrive l’obbligo di informazione.
SULLA OSSERVANZA DELLA LEGGE SU PUBBLICITA’ E TRASPARENZA
Vanno innanzitutto ringraziati tutti gli uffici comunali che hanno collaborato a questa indagine. Vediamo comunque come essi hanno reagito alla richiesta.
In 32 hanno risposto alla richiesta di accesso agli atti, effettuata il 3 gennaio, entro il termine di 30 giorni stabilito dalla legge. Altri 30 lo hanno fatto a seguito di una diffida inviata dopo 35 giorni. Per altri 5 è stato necessario dopo un altro mese un ulteriore sollecito, per altri 4 un quarto sollecito, ed un quinto sollecito per un altro.
Per due comuni (tra cui spicca il comune capoluogo) si è dovuto ricorrere al Difensore Civico regionalle; il comune di Rieti, in particolare, dopo sei richieste in tre mesi da parte del cittadino (quattro alla pec generale, due alla pec dei servizi demografici), ha risposto a quella del Difensore Civico; dunque, il Difensore Civico si rivela un arma efficace, a cui il cittadino può con fiducia far ricorso.