Rieti è una città DI barriere architettoniche, impraticabile non solo per disabili ma spesso anche per pedoni normodotati. Questo nonostante per anni (fino al 2019) si sia tenuta una passerella istituzionale “Rieti senza barriere” di cui non si sono visti risultati sulle nostre strade. Risultati che dovrebbero venire innanzitutto prendendo atto della situazione, e cioè partendo da una ricognizione-censimento delle micro e macro barriere, da poi includere in un Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA) che tenga conto di costo e rilevanza di esse.
Il PEBA è obbligo di legge da 36 anni ma mai predisposto. Sabina Radicale richiama gli amministratori a questo sin dal tempo della giunta Petrangeli. Ricordiamo inoltre come la Regione Lazio, ad iniziativa del consigliere regionale radicale Alessandro Capriccioli, abbia predisposto, per i comuni che si vogliano dotare del Piano, un contributo di 10mila euro.
Ora, ci sono dichiarazioni di tavoli di lavoro inter assessorili che promettono di stilarlo. A nostro avviso la necessaria preventiva ricognizione sarebbe una occasione di attivazione della cittadinanza; solo poi, gli assessori con i relativi uffici metterebbero insieme dati e fondi per stilare un piano.
Piano che, partendo da costi e rilevanza, dovrebbe tenere conto dei fondi disponibili negli anni. In tal senso non è un buon viatico la distrazione di risorse dedicate alla eliminazione delle barriere, dichiarata in consiglio dall’assessore Nobili.
L’assessore ha dichiarato infatti che il Comune intende ricorrere, per aggiustare il ponticello in legno tra San Francesco e Sant’Arcangelo, a finanziamenti che la Regione assegna proprio per quella finalità.
Siccome è evidente che il disfacimento della pavimentazione del ponte non è una barriera architettonica, ed anzi lo sarebbero le strade per arrivarci – ad esempio dal ponte romano, il marciapiede è impercorribile con carrozzine e financo biciclette – questo finanziamento andrà a detrimento della reale eliminazione delle barriere.
Questo non solo per i cittadini disabili di altri comuni, ma anche per i reatini, sia per quello che con questi fondi poteva essere realizzato, sia per il futuro, in quanto aver ricevuto un recente finanziamento per la stessa finalità abbasserà il punteggio per le future graduatorie.
Il Comune di Rieti ha enfaticamente comunicato di aver approvato la delibera scritta da Coldiretti contro il cosiddetto “cibo sintetico” (in realtà “carne coltivata in laboratorio”); è stato ahimè bruciato sul filo di lana dal Governo, che ha presentato un disegno di legge, come suo solito proibizionista (cioè che affronta una realtà esistente ed inarrestabile, semplicemente dichiarandone la proibizione).
L’una come l’altra sono “grida manzoniane”, cioè emesse con titoli altisonanti, dove vengono annunciate pene severe, ma che poi, nella realtà, verranno disattese: i consumatori avranno comunque la libertà di mangiare quel che vogliono. Sarà infatti proibito coltivarla ma si potrà (da Art.6 del disegno di legge) importarla (ricordiamo che produciamo solo il 50% del nostro fabbisogno di carni); a soffrirne, come per gli OGM, saranno la nostra ricerca e il nostro sistema produttivo.
Allora perché intervenire su questa fuffa? E’ che come a Roma, anche a Rieti questo proclama è stato deciso senza alcun contraddittorio e senza il parere di esperti in materia di innovazione nel settore agroalimentare. A Rieti poi c’è stato un di più: passaggi in Commissione ed in Consiglio, a seguito dei quali questa approvazione è avvenuta all’unanimità: di destra, sinistra e varie.
Di che parliamo? Il tutto, come apertamente ammesso da Governo e Comune, si fonda su una campagna di Coldiretti, che non temiamo di definire manipolatoria per slogan, immagini e contenuti. Tra l’altro neppure se ne comprende il perché, dato che il cibo cosiddetto “sintetico” andrà a discapito degli allevamenti intensivi e quindi non appare certo un concorrente (ma anzi, un alleato!) delle qualità, tipicità, biodiversità sbandierate da Coldiretti, valori che oggi soffrono nel diretto confronto e confusione con allevamenti intensivi sugli stessi banconi alimentari.
In quella campagna si afferma che il “cibo sintetico” non salvaguarderebbe l’ambiente, limiterebbe la libertà dei consumatori, spezzerebbe il legame tra cibo e natura, non tutelerebbe la salute e potrebbe perfino avere impatti socio-economici molto pericolosi “in quanto frutto di una fascinazione ecologica che non ha finora consentito riflessioni adeguatamente approfondite” (sic!). A noi sembra che sia esattamente il contrario: questa carne, che come dicevamo non è sintetica ma coltivata anziché strappata ad animali fatti crescere in condizioni aberranti e poi uccisi, oltre che rispondere all’etica di molti, sarà ecologicamente sostenibile in energia, acqua, suolo. Sarà capace di sfamare i miliardi di esseri umani che, oltre ad aumentare in numero, si affacciano sempre più ad una alimentazione proteica; ci proteggerà da minacce come quelle degli superbatteri resistenti agli antibiotici, sottoprodotti degli allevamenti intensivi bombardati di antibiotici (e già tutti abbiamo dimenticato la “mucca pazza”) e dai pesticidi che dalla agricoltura arrivano agli alimenti “naturali” degli animali.
Essendoci quindi tutti gli elementi per un dibattito su pro e contro, risultano inaccettabili superficialità e strumentalità dei nostri amministratori e consiglieri comunali: tutti in fila, e in concorrenza tra di loro, a lisciare il pelo a una lobby ed a un’opinione pubblica manipolata, disinteressandosi di cosa comporti questo populistico rifiuto della scienza e del progresso.
Tutti, anche la “sinistra”. Per strumentalità? Per superficialità? Ahimè, la sinistra non è nuova nel rincorrere, con strumentalità, quelli che ritiene gli umori della cittadinanza disinformata, anziché cercare di informarla. Nelle ultime elezioni regionali lo ha fatto anche il candidato presidente Alessio D’Amato nel cui programma ha inserito una incomprensibile frase il cui incipit probabilmente ritenne elettoralmente utile: “no decisi alle minacce che incombono sul futuro prossimo: [..] no alla carne sintetica come surrogato a una corretta educazione alimentare mirata a una adeguata diversificazione del cibo che abbia come unico fine la salute e il benessere delle persone”. Il suo staff non ebbe modo di rispondere alla nostra richiesta di chiarimento.
Ora però che non ci sono elezioni e si fanno dichiarazioni e post su tutto, tuttavia su questo tema a livello locale approvano mentre a Roma Schlein, Conte, Fratoianni e Renzi tacciono, mentre Calenda populisticamente sbanda.
E allora se davvero l’Amministrazione o il Consiglio ritengono che questo tema sia comunque di rilevanza per la cittadinanza e per le sorti della Nazione e dell’umanità, allora abbiano il coraggio di un confronto, un convegno, un dibattito serio e documentato, a cui saremo pronti a dare il nostro contributo.
A Santa Maria Capua Vetere si sta svolgendo il processo per il pestaggio che avvenne durante una spedizione punitiva seguita alle rivolte-covid del marzo 2020. Quelle rivolte ricordiamo che videro anche diversi morti, in particolare a Modena (nove) ed a Rieti, dove morirono tre detenuti: Marco Boattini, Ante Culic e Carlos Samir Perez Alvarez.
La novità di questi giorni è che è in atto laggiù un tentativo di impedire la messa online della registrazione del processo da parte di Radio Radicale.[1] Ricordiamo che il processo è stato possibile grazie a delle telecamere lasciate inavvertitamente accese; Il processo, e l’accertamento dei fatti sono stati giudicati dallo Stato Italiano di pubblico interesse, tanto che quando la verità venne a galla, all’istituto si recarono in visita la Ministra Cartabia ed il Presidente Draghi e lo Stato si è costituito parte civile.
Di altrettanto pubblico interesse dovrebbe essere togliere ogni ombra su quanto accaduto negli stessi giorni a Rieti. Benché la Commissione ispettiva costituita dal DAP abbia stabilito che la rivolta è stata gestita in modo corretto ed efficace, è noto da tempo che anche in Procura a Rieti è aperta un’indagine; ne diedero conto diverse testate e ce lo ricorda per ultima un’inchiesta pubblicata su Il Domani il 15 Gennaio di quest’anno, oltre due mesi fa.[2]
La stessa inchiesta riporta virgolettati di ex detenuti (ovviamente da verificare da parte degli inquirenti): «Entravano in cinque-sei guardie in cella per fare la perquisizione, ci facevano spogliare e uscire. Dovevamo percorrere un corridoio di una cinquantina di metri, un agente ci teneva la testa bassa e le braccia bloccate e circa 20 guardie a destra e 20 a sinistra ci davano pugni, schiaffi, manganellate e ci insultavano», racconta uno di loro. «Ci mettevano tutti in una stanza e finite le perquisizioni dovevamo rifare il percorso e riprendere le botte». Scene che, se veritiere, ricordano quanto visto nei filmati di Santa Maria Capua Vetere. Secondo un altro ex detenuto gli agenti erano una cinquantina. «Non erano quelli di Rieti, loro erano abbastanza gentili. Era una squadretta che veniva da fuori. Hanno voluto dare una punizione per mostrare chi comandava, soprattutto contro quelli che pensavano avessero avuto un ruolo nella rivolta»
Il giornalista de Il Domani (Luigi Mastrodonato) riporta di non aver avuto commenti né dall’Istituto né dalla Procura. Non sono tuttavia questi silenzi a stupirci quanto quello della città: possibile che nessuno che si occupi di comunicazione in città abbia notato un lungo servizio su Rieti, pubblicato su un giornale a tiratura nazionale?
In un libro sui fatti di Modena, l’autrice Sara Manzoli scrive che «la cortina fumogena calata sui fatti di Rieti è ancora più intensa e impenetrabile di quella scesa su Modena e altre carceri».
Quello che Sabina Radicale torna a chiedere, oltre all’accertamento dei fatti, è che Rieti non consideri il proprio istituto come qualcosa a sé estraneo. E pensiamo in particolare alle sue Amministrazioni Comunali, ricordando che il 10 Maggio saranno dieci anni dalla istituzione della figura del Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale[3], mai nominato benché – recita il suo Regolamento – “non dà diritto ad alcun corrispettivo o emolumento”.
Si fa un gran parlare delle carceri, ma pochi le conoscono, inclusi coloro (Parlamentari, Consiglieri Regionali) avrebbero diritto di accedervi senza preavviso.
Se Voltaire diceva “Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione” ancora più antica è la Sesta Opera di Misericordia Corporale della dottrina cattolica, che recita “visitare i carcerati” e che viene direttamente dalle parole di Gesù: “ero carcerato e siete venuti a visitarmi”.
Da sempre i radicali prestano attenzione a quel mondo, che è fatto di detenuti ma anche detenenti. Periodicamente organizziamo visite, queste con il preventivo permesso del Ministero di Giustizia e come Sabina Radicale ci adoperammo perché con noi partecipassero, per visitare l’Istituto di Rieti, amministratori comunali e provinciali di diverso orientamento.
La più recente visita si tenne, ad iniziativa di Radicali Roma, a novembre 2022 ed ebbe la caratteristica di essere aperta a “normali” cittadini. Questa dell’apertura ai cittadini fu una esperienza molto apprezzata da chi volle farla, potendone venire a conoscenza; perciò essa è stata ripresa a livello nazionale da Radicali Italiani, con un programma di visite in tutte le carceri. Rilanciamo perciò l’invito, a chi volesse conoscere questo mondo (non necessariamente limitandosi all’Istituto della propria città), di segnalare per tempo il proprio interesse su DeviVedere.it. Successivamente si verrà ricontattati e si organizzeranno le visite, in accordo con gli Istituti e dopo l’autorizzazione del Ministero per ogni visitatore; per ogni altra informazione, info@sabinaradicale.it
Sabina Radicale saluta e plaude alla recente apertura di un impianto privato di cremazione per animali.
E’ una notizia che dà sollievo a tanti cittadini, rendendo dignità a rapporti di affetto; il tutto all’interno di ambienti accoglienti e procedure chiare e sicure.
Come soggetto politico che unico dal 2010 si esprime pubblicamente richiedendo strutture per la cremazione, accogliamo soprattutto con viva soddisfazione il fatto che nessuna voce si sia levata contro questo impianto.
Impianto che, come si legge, è “al passo con le più severe normative antinquinamento” come certo lo sarebbero stati o lo sarebbero gli impianti di Pozzaglia, Toffia, Montasola, Borgo Velino, contro cui si è assistito ad una mobilitazione di comitati ed ad un silenzio, quando non ostilità, della politica.
Il fatto che a Rieti e Cittaducale non si siano levate voci contrarie ci dà l’occasione per tornare a chiedere al Sindaco Sinibaldi in merito agli intendimenti della amministrazione che presiede.
Lo facciamo perché, come facemmo notare durante la campagna elettorale, il tema era presente nel documento ufficiale “Linee programmatiche per le azioni di mandato” di Cicchetti, e quindi condiviso dal vicesindaco Sinibaldi, che però non lo ha ripreso, magari per distrazione, da Sindaco. La campagna elettorale è un momento in cui molti temi vengono posti, ma purtroppo spesso manca la possibilità di rivolgere domande direttamente, e la possibilità o attenzione per rispondere.
Torniamo quindi a porre il tema alla amministrazione, la quale potrà utilmente tener conto del favore di molti e della non ostilità di altri con cui la pregevole iniziativa è stata accolta.
La assegnazione di due consiglieri regionali entrambi a FDI sembra a Rieti essere passata liscia. Ma cosa è avvenuto perché FDI (32%) abbia avuto 2 consiglieri e la Lega (24%) nessuno? E perché “passata liscia”?
Quello che è avvenuto è quanto già avvenne cinque anni fa, alla prima applicazione della modifica alla legge elettorale che sostituiva il listino con un premio di maggioranza. Allora il PD incassò 9 consiglieri su 10 del premio di maggioranza, sottraendoli ai partiti minori; oggi lo stesso ha fatto FDI ai danni di Lega, Forza Italia e Lista Civica.
Allora con Rocco Berardo, primo dei non eletti della lista +Europa, presentammo un ricorso al TAR[1] sulla interpretazione della legge, che ha palesi aspetti di incostituzionalità perché sacrifica il criterio di rappresentatività del premio di maggioranza ad un meccanismo di rappresentanza territoriale che poteva essere esercitato diversamente.
Ma al TAR documentammo anche che (virgolettato dalla memoria allora presentata) “con 1418 voti in più dati alla lista PD di Latina, la lista del PD avrebbe avuto la distribuzione di un seggio del premio a Latina, e complessivamente avrebbe avuto un seggio in meno nella distribuzione del premio regionale. Con 1418 voti in più sarebbe passato da 9 seggi su 10 a 8 seggi su 10.”
Chiedemmo al TAR l’annullamento ed in subordine di sollevare la questione di legittimità costituzionale, ma TAR e Consiglio di Stato non lo fecero; e come si sa, solo un giudice può adire alla Corte Costituzionale, non un cittadino.
La stessa cosa è avvenuta quest’anno e si legge che a Viterbo la Lega preannuncia un ricorso al TAR[2] per lo stravolgimento dell’assegnazione del premio alle liste di Lega, Forza Italia e Lista Civica (ovviamente non è vero che necessariamente “questo toglierebbe alla provincia per dare alla metropoli”). Speriamo che questa volta il TAR ravveda possibili aspetti di incostituzionalità e rinvii alla Corte.
Vi chiederete come mai invece a Rieti la cosa sia “passata liscia”, non venga sollevata; la risposta crediamo sia nel fatto che il sindaco Calisse, dopo aver fatto credere che sarebbe stato Consigliere (cosa impossibile) e dopo aver fatto credere che (in subordine! – benché carica più rilevante) sarebbe stato Assessore, adesso speri in qualcosa, che però gli deve essere concesso dal partito dominante, FDI.
Nel frattempo che questi giochi e ricorsi fanno il loro corso, sarebbe bene che le forze politiche ed i territori prendano coscienza che questa legge va cambiata. Potrà essere cambiata con dei correttivi, ma noi radicali continuiamo a proporre la nostra proposta a carattere largamente uninominale che, dividendo il territorio regionale in 32 collegi, non solo eviterebbe storture nel meccanismo elettorale ma gioverebbe grandemente al rapporto tra territori ed al rapporto tra cittadini ed eletto, che proprio con voti come quello massiccio su Calisse, l’elettorato sembra invocare.
Marco Giordani segretario Sabina Radicale membro Comitato Nazionale Radicali Italiani
L’esplosione della astensione dal voto è emergenza di fiducia in questo sistema di questi partiti. Occorre più partecipazione e la bocciatura dei referendum un anno fa da parte della Corte Costituzionale non ha aiutato. Lo scoramento ovviamente colpisce di più il “voto libero”, quello di opinione, mentre preserva le cordate organizzate, le clientele e le tifoserie.
Questo è confermato dal confronto tra i sondaggi e lo spoglio: la media dei sondaggi nel Lazio sovrastimavano +Europa-radicali Italiani-Volt del 200%, e a seguire M5S (86%) e Azione/IV (48%), sottostimando invece i partiti più legati al voto di preferenza (civiche e partiti minori ma anche Lega e FI).
Conferma della relazione tra stima al sondaggio e risultato allo spoglio viene anche dall’osservazione che le liste che hanno con maggiori percentuali di preferenze sono Lega, Forza Italia e Demos, quelli con minori percentuali sono Partito Comunista, M5S, +Europa-Radicali Italiani-Volt E che in queste elezioni il voto “organizzato” non solo non sia stato penalizzato ma addirittura sia aumentato, lo conferma il fatto che mentre nel 2018 le preferenze espresse (anche doppie) fossero state 1 milione su 2,5 milioni di voti di lista, oggi passano a 1,2 milioni su solo 1,5 milioni di voti di lista!
Come radicali da decenni denunciamo la chiusura del sistema partitico: nella loro democrazia interna, nell’impedire la partecipazione di soggetti non già interni al sistema, nel sistema dell’informazione, nell’impedire o disattendere le scelte referendarie.
La situazione internazionale ci mostra come un recupero di democrazia non sia solo per renderla più efficace ed effettiva, ma anche per non scivolare in una delle dittature elettorali che si stanno affermando in diversi paesi.
Coscienti di questo, siamo anche personalmente impegnati nel definire delle proposte di legge o referendum che contiamo di proporre ai cittadini, e che nel tavolo che coordiniamo prevedono legge elettorale, status dei partiti, meccanismi di attuazione della partecipazione locali (proposte di delibera e referendum) https://radicali.it/tavoli-di-lavoro/
SCENARIO POLITICO
A livello nazionale.
Sin dalle politiche, le mosse di Calenda e Conte sono sembrate orientate non alle elezioni ma ad un loro futuro posizionamento per spartirsi le spoglie del PD. Questo era solo parzialmente riuscito alle politiche, ed è miseramente fallito alle regionali
A livello regionale
D’Amato ha raggiunto una percentuale maggiore di quella che ebbe, alla sua riconferma, Zingaretti, che rimase sotto 1/3 dei voti, riuscendo ad essere eletto solo grazie ai voti sottratti alla destra dalla candidatura solitaria del sindaco di Amatrice Pirozzi. Alla luce di ciò è incomprensibile che il PD non abbia voluto porre mano alla legge elettorale quantomeno introducendo il ballottaggio. Vero che Rocca ha comunque superato il 50% ma in una partita che molti a sinistra hanno condotto come già persa.
A livello locale reatino
Il successo della lista di FDI e quindi l’elezione di Nicolai (un predestinato, visto che l’avrebbe avuta con Forza Italia 5 anni fa in caso di vittoria di Parisi, sfumata di un 2% per colpa di Pirozzi). La campagna del leghista Calisse volta a valorizzare il proprio nome è sempre stata orientata ad altro incarico; vedremo ora quale. Alla luce di questo che abbiamo sempre pensato essere il suo interesse, appare logico il rifiuto di incontrarci per parlare di una legge elettorale regionale uninominale, che lo avrebbe “premiato” sì, ma ad un incarico (di consigliere) forse meno ambito.
Il secondo consigliere di FDI (evidentemente inaspettato essendosi la battaglia interna ad FDI per decidere chi dovesse essere il “nominato” è stata combattuta solo sull’uomo) è stato dovuto al raggiungimento del quoziente pieno da FDI nelle altre province e quindi disponibilità del resto per Rieti. Quanto accaduto evidenzia un’ulteriore fallacia del sistema elettorale regionale, laddove con una lista al 32% ed una al 24% della stessa coalizione, prende tutto la prima. A livello regionale ne consegue un quasi monocolore FDI (22 su 30), il che mette in pericolo l’assessorato a Rieti, visto che Lega e Forza Italia delle altre province avranno appetiti da soddisfare; a meno di offrire anche l’assessore reatino a FDI…
A sinistra il PD si conferma nonostante tutto come i 2/3 dei voti della coalizione. In città (dato immediatamente confrontabile, non essendoci la pura provincia alle politiche) la coalizione mantiene il dato complessivo e il PD il 17% delle politiche. Non conferma il voto invece il M5S che ebbe alle politiche il 14% ed ora il 5%
Lista +Europa – Radicali Italiani – Volt
La lista +Europa – Radicali Italiani – Volt come si diceva è stata pesantemente penalizzata dal voto di opinione. Ovviamente il tracollo del “voto libero” ha penalizzato la lista ovunque e quindi anche a Roma, impedendo la conferma del consigliere. Come Sabina Radicale avevamo apertamente chiesto consenso per la rielezione del consigliere uscente Alessandro Capriccioli, segretario di Radicali Roma. In realtà nelle preferenze ha prevalso di poco un candidato di +Europa, il sindaco di Castelnuovo di Porto Riccardo Travaglini, già candidato alle europee e che invitammo in questa veste a Rieti. Probabilmente con un concorso più ampio del voto di opinione a Roma, Capriccioli avrebbe prevalso.
A Rieti e provincia in termini assoluti la lista è calata più di due terzi in provincia e quasi altrettanto in città. In termini percentuali dimezzata in provincia e quasi in città.
Che sia mancato voto di opinione lo testimonia il fatto che questo crollo sia avvenuto nonostante siano aumentate le preferenze personali. Preferenze personali comunque non legate a clientele o cordate o parentele ma alla campagna elettorale e ai temi presentati, senza tuttavia riuscire a raggiungere tutto l’elettorato, specie in provincia.
Il contributo che Rieti e la provincia hanno fornito alla lista “radicale” regionale è comunque rimasto in linea con le precedenti regionali. Ricordiamo che la nostra popolazione è il 2,6% della popolazione della regione.
Rocca dice che “l’83% degli interventi chirurgici per tumore viene fatto nella Capitale, solo il restante 17 % negli ospedali degli altri capoluoghi di provincia e questo è il segnale che migliaia di persone sono costrette a fare dei lunghi viaggi per trovare la cura appropriata.”
E’ sicuramente vero che “che migliaia di persone sono costrette a fare dei lunghi viaggi per trovare la cura appropriata”. Ma “QUESTO è il segnale”?
Rocca, da ex manager del Sant’Andrea sicuramente sa che è del tutto normale che per interventi chirurgici così vitali, si ricorra ai grandi ospedali specializzati, e che ci si vada anche da altre regioni. Dunque a me questa percentuale dell’83% casomai sembrerebbe incredibilmente bassa.
Ma quello che stupisce è che Rocca, da candidato Presidente di Regione, dovrebbe sapere che solo il 26% della popolazione risiede nelle altre quattro province del Lazio. Dunque non così lontana, con tutte le considerazioni di cui sopra, dal 17% che si opera a tumori nella propria provincia.
A me viene da pensare che Rocca (che di sanità dicono se ne intenda) non abbia allora piena coscienza del fatto che la regione che vuole andare a governare è per il 74% Roma e sua provincia.
Marco Giordani
dall’articolo di A.Bianco, Messaggero Rieti del 10/2/23
Sabina Radicale esprime solidarietà al Partito Democratico di Fara in Sabina, dove sono state segnalate diverse scritte PD = MAFIA. La campagna di calunnia e disinformazione, organica alla strategia della tensione e di restrizione dei diritti, messa in atto dal governo Meloni, ha dunque trovato il suo ricasco anche localmente.
Ricordiamo che le visite nelle carceri rientrano nel “mandato” di Parlamentari e Consiglieri Regionali, e cioè esse non sono un loro diritto ma uno dei loro compiti. Questo mandato è volto a verificare le condizioni di detenzione ed espressamente non consente di prendere in considerazione la situazione processuale o criminale dei detenuti.
Se affianchiamo questa campagna di calunnia alle proposte di modifica costituzionale, anche a prima firma Giorgia Meloni, contrarie alla funzione rieducativa della pena, è evidente il disegno: una società in cui si progetta di far uscire dal carcere (qualcuno dovrà pure prima o poi uscire) dei delinquenti e non dei rieducati, abbruttiti ed incattiviti da condizioni di detenzione su cui nessuno ha vigilato. Un disegno di società volutamente insicura, coerente con il “tutti armati” che è nelle loro corde (si veda la recente uscita di Fazzolari sul tiro a segno nelle scuole).
Nei confronti del PD non ci fermiamo però alla solidarietà: ci auguriamo che questo partito, che trent’anni fa – in un periodo emergenziale – era contrario a quella norma pur provvisoria, e con motivazioni oggi ancor più valide, non si faccia imbrigliare in questo disegno ed affermi, come NON sta facendo, che l’istituto del 41bis, così come attuato, è una forma di tortura – come ribadito da numerose istituzioni internazionali ed anche controproducente, se mafiosi non furono estradati dagli Stati Uniti a motivo della esistenza di questo regime inutilmente vessatorio.
Chiediamo dunque, ad esponenti e militanti del PD, ed offriamo a chi immagini nella destra un diverso progetto che quello esposto, di cogliere l’occasione della iniziativa “Devi vedere” lanciata da Radicali Roma e che presto verrà allargata da Radicali Italiani all’intero territorio nazionale.
E’ una iniziativa che permette a tutti i cittadini di poter effettuare quelle visite ai luoghi di detenzione, ovviamente – per noi comuni cittadini – previa autorizzazione dell’Amministrazione Penitenziaria. Anche Rieti mesi fa fu coinvolta, ed in diversi dalla destra a posteriori ci segnalarono il loro rammarico per non averne saputo. Ora l’iniziativa è di nuovo disponibile: https://partecipa.radicaliroma.it/devi_vedere
In merito all’allarme di PosTribù sul pericolo che corrono i nostri corsi d’acqua (Velino e Farfa) credo, pur non condividendo tutto quanto è nell’appello lanciato su change.org, che esso vada letto con attenzione.
E’ infatti reale il rischio che il raddoppio dell’Acquedotto Peschiera-Capore, opportuno per motivi di sicurezza rispetto ad una struttura che si avvicina al secolo di vita, non venga utilizzato, come fu presentato, come misura di sicurezza ma anche per aumentare la captazione.
Cosa dicono a questo proposito, i programmi dei candidati, su una opera strategica del PNRR e che riguarda un aspetto vitale per la capitale?
Roccanon dice niente: di acqua parla solo come acquacoltura ed energia idroelettrica.
D’Amato invece ne parla estesamente, evidenziando la fatiscenza della rete di distribuzione, la necessità di investimenti per ammodernamenti, ed del recupero delle acque piovane.
Ci sembra questo di D’Amato il giusto approccio. Non possiamo tuttavia sottacere una ambiguità (o disattenzione) riguardo proprio il “nostro” acquedotto, laddove il programma dice che esso “dovrà garantire autonomia idrica” alla Capitale.
Compito degli eletti di +Europa-Radicali Italiani-Volt nel Consiglio Regionale (sia con D’Amato Presidente sia se non dovesse essere così) sarà di vigilare che l’autonomia sia garantita dagli altri interventi necessari, e che il raddoppio del Peschiera rimanga nell’ambito della sicurezza; e magari, diminuendo le perdite delle reti di distribuzione, diminuisca il prelievo, specie per il Farfa dalle Capore.
Marco Giordani candidato +Europa-Radicali Italiani-Volt per la circoscrizione di Rieti